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Noelle & Sean

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    April Noelle Yvonne Reynolds ► Angel
    Come erano stupidi quei grassi nobili difronte ai suoi occhi, come erano avidi i loro occhi lussuriosi che andavo a poggiarsi su ogni centimetro della sua figura. Divoravano selvaggina, strappando le carni con i loro denti dalle ossa ingiallite dalla cottura, bevevano vino con la stessa voracità con la quale un povero era capace di mangiare un pezzo di pagnotta dopo il digiuno durato una settimana. Le loro grasse risate rimbombavano in quel locale dai bassi soffitti, mura tappezzate di drappi color marsala e testa di moro. Sembrava un tempio della perdizione, un luogo considerabile in tutti i modi fuorché sacro. Lì si riunivano quelli che per la giovane Noelle dovevano essere le persone in grado di darle agganci, i pezzi grossi di un po’ tutte le fazioni assieme. Nonostante ci fossero così tante razze in un posto angusto le divisioni erano nette, sembrava che qualche architetto avesse misurato ogni centimetro di distanza che le une dovevano tenere dalle altre. La fama di Bloomsbury era di certo quella di quartiere intellettuale, d’arte e meraviglie. Era il quartiere della cultura, dove i grassi nobili potevano far scintillare i loro quattrini racchiusi in piccole saccocce di pelle. Il Darkness era senza alcun dubbio il lato oscuro del bel quartiere, al contrario di tutti gli altri luoghi di cultura, lì la buona parte della clientela era maschile e di quegli uomini – forse – si potevano contare sulle dita di una mano chi non fosse un uomo di malaffare. All’interno di quel locale angusto, decorato in barocco, dove lo sfarzo ostentato sembrava essere troppo, si complottavano i più violenti assassinii, venivano pianificati furti e altro ancora. Per allietare le accese discussione che immancabilmente si accendevano, nemmeno fossero delle piccole fiamme appena state rinvigorite, vi era lei Noelle. La giovane ragazza Angelo, e per angelo non si vuole solo intendere la propria razza di appartenenza, aveva il compito di pizzicare con le sue sottili, lunghe e delicate dita le corde di una piccola cetra. Il tutto era accompagnato dalla sua voce cristallina in grado di cantare melodie a dir poco incantevoli. Alcuni l’avevano paragonata più volte ad una sirena tanto il suo canto poteva essere ammaliante. Sedeva su uno sgabello in legno, uno di quelli vecchi e rovinati con tanto di gamba traballante, con il capo lievemente piegato verso sinistra. Gli enormi occhi azzurri della ragazza, circondati da lunghe e folta ciglia nere, si poggiavano su ogni volto della sala come se quel suo sguardo fosse una carezza per ogni uomo là dentro. La realtà non era mai stata così lontana però: gli occhi di Noelle cercavano qualcosa, qualcosa che lei aveva perso anni prima. Sean - suo fratello - era stato cacciato dal Mondo dei Cieli dopo essersi alleato con i Demoni, inutile dire che per lei fu un colpo duro da mandare giù, ma ora è convinta più che mai di poterlo ritrovare. Aveva pensato bene, la piccola Noelle, di sfruttare il suo talento musicale e canoro appena discesa sulla terra e a fino a quel momento nulla le aveva fatto pensare di essere sulla strada sbagliata. Il Darkness era un locale frequentato prevalentemente da Lycan e Demoni, era sicuro che se suo fratello si fosse trovato in città si sarebbe recato in quel postaccio. « Anya finisci la tua canzone e prenditi una pausa » La voce grave ma gentile di un uomo interruppe i pensieri della giovane ragazza che, con la propria memoria, aveva ripercorso tutti i momenti più belli passati col fratello. Si trattava di George oppure Mr. G come amava simpaticamente chiamarlo lei. L’uomo fu la prima amicizia che Noelle fece quando arrivò in questo paese e dall’ora sono divenuti molto amici. Mr. G ricopre per la ragazza una figura molto simile a quella di uno zio. Noelle finì la sua canzone e, dopo aver poggiato la cetra sullo sgabello, si diresse verso il tavolino a lei riservato. Si trattava di un piccolo tavolino, ai suoi occhi un po’ triste, posizionato in un angolo un po’ nascosto e decorato con una piccola rosa rossa che, decisamente, aveva visto giorni migliori.

    SHEETHUMOR: happy ○ DRESS CODE: casual ○ SONG: angel
    only in open ways
     
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    Sean Peter Dustin » Lycan
    Mi ero lasciato convincere da alcuni amici ad incontrarci in un locale per trascorrere un po’ di tempo insieme. Di solito non ero il tipo di persona che frequentava posti come quelli, preferivo luoghi molto più tranquilli, dove non si rischiava di finire casualmente nel bel mezzo di un rissa e di tornare a casa ubriachi con qualche livido, ma dopo le loro proteste e il continuo affibbiarmi soprannomi come musone e guastafeste, avevo deciso di dare loro corda e di rompere le mie regole personali, almeno per quella volta. Dopotutto forse era il caso che ci fosse qualcuno a tenere d’occhio quelle teste calde e a riportarli a casa alla fine delle serata per evitare che finissero chissà dove, completamente sbronzi, a combinare qualche casino dei loro. E, anche se la cosa non mi andava particolarmente a genio, ero pure sempre un Dustin e non potevo continuare ad evitare i luoghi dove ci si aspettava di trovarmi. La mia era fra le famiglie di licantropi più in vista e tutti pensavano che in quanto tali avessimo un buon rapporto con la famiglia reale e con i vampiri in generale. Nel mio caso non era esattamente così e avrei volentieri preferito farmi tagliare una mano piuttosto che stringere accordi con loro, ma purtroppo anche io sapevo che dovevo quanto meno mantenere una certa apparenza. Dovevo fingere che fosse tutto a posto, che la presenza dei vampiri non mi infastidisse e che non lavorassi insieme ad alcuni amici per aiutare segretamente i ribelli e chiunque ne avesse bisogno. Dovetti mascherare un certo fastidio quando misi piede all'interno di quel locale, studiato di proposito per accogliere persone di tutte le razze senza tuttavia costringerle e sedere vicino. Mi aveva sempre stupito il modo in cui tutto fosse disposto al suo interno, ma sebbene materialmente non ci trovassimo vicini, il mio olfatto da licantropo mi avrebbe permesso di riconoscere un vampiro in qualunque occasione. Storsi quindi involontariamente il naso, per un momento, quando il loro odore pungente permeò l'aria intera al mio ingresso, facendomi mancare quasi il respiro. Eravamo nemici naturali, bastava semplicemente il nostro odore per urtarci a vicenda, era sempre stato così, e forse era proprio per questo che si divertivano tanto a cercare di sottometterci tutti, uno dopo l'altro. Tieni stretti gli amici e ancora più stretti i nemici. Era questo che qualcuno mi aveva detto una volta e questo ciò che i Lancaster probabilmente stavano cercando di mettere in pratica. Ma non era a loro che volevo pensare quella sera, nonostante la vicinanza ad altri vampiri sapesse far riaffiorare in me i ricordi della guerra. Eravamo lì per divertirci, per trascorrere u a serata serena nonostante il luogo che avevano scelto sembrasse più che altro il ritrovo di pessimi individui.
    Mi guardai attorno, provando come tutte le altre volte che avevo messo piede in quel posto la sensazione che lì dentro ci fosse troppo, in tutti i sensi. Troppe persone, troppe decorazioni, troppo rumore, tanto che era abbastanza difficile distinguere il suono della cetra che una ragazza stava usando per accompagnare la nostra serata. Ed era un peccato, perché lei sembrava davvero brava e di certo non meritava di essere messa all’angolo in quel modo, senza la minima attenzione. Era davvero un peccato che fosse finita a lavorare al Darkness quando la sua splendida voce e la sua abilità nel suonare avrebbero potuto probabilmente permetterle un posto migliore. Sempre che a Londra esistesse ancora un posto migliore da quando ogni cosa era stata stravolta completamente, da quando i suoi locali tradizionali erano stati chiusi per far posto a quelli più apertamente faziosi. La guardai per qualche momento, seduta su quel piccolo sgabello, con i suoi grandi occhi azzurri che si muovevano velocemente da un individuo all’altro, come se fosse stata alla ricerca di qualcosa, ma in fondo chi d noi non lo era? Ma c’era allo stesso tempo qualcosa di dolce nel suo sguardo, qualcosa che, quando i suoi occhi si posarono su di me, mi fece spostare velocemente lo sguardo, come se fossi stato scoperto nel fare qualcosa di sbagliato. Era sciocco, chiaramente, considerando che di certo il mio non era stato l’unico sguardo a posarsi su di lei, e probabilmente il mio doveva essere stato quello con intenti più nobili, ma mi era comunque sembrato sbagliato, come se avessi in qualche modo invaso il suo spazio. Riportai quindi l’attenzione sui miei amici, che nel frattempo avevano ordinato qualcosa da bere e che non si erano neppure accorti di quel mio momento di distrazione. Le loro chiacchiere erano proseguite comunque, senza la necessità di mettermi in mezzo e continuò ancora per qualche tempo, perché il mio udito era ancora concentrato sulla voce di quella ragazza.
    Attesi la fine della canzone prima di voltarmi di nuovo, notando che la ragazza aveva abbandonato lo sgabello per spostarsi verso un piccolo tavolino, posto in un punto ancora più nascosto. La guardai per un momento, quasi incerto, poi mi decisi ad alzarmi, ignorando le domande dei miei amici che cercavano di chiedermi dove stessi andando. Percorsi con passi lenti e un po’ titubanti la distanza che ci separava, per poi fermarmi ad appena un metro dal suo tavolo, senza neppure provare ad accomodarmi, rimanendo semplicemente in piedi. Solo da quella distanza abbastanza ravvicinata mi resi conto che lei non doveva essere una semplice ragazza, ma qualcosa di più, dato che il suo odore mi suggeriva qualcosa di diverso da quello che avrebbe potuto suscitarmi un semplice essere umano. Ma qualunque creatura lei fosse non avrebbe avuto molta importanza per me. -Perdonatemi se vi disturbo. – iniziai, rivolgendole l’accenno di un sorriso prima di andare avanti. -Siete davvero molto brava, vi faccio i miei complimenti. – continuai, senza smettere di sorriderle, con tono calmo e gentile, rendendomi conto soltanto a quel punto di non essermi neanche presentato. -Che maleducato, non mi sono neanche presentato, io sono Sean. – aggiunsi quindi, con un leggero cenno del capo che voleva suggerire un inchino nella sua direzione.

    If I could, then I would
    I'll go wherever you will go
    Way up high or down lowe

    « swän » code esclusivo del London gdr. Non usare senza il mio permesso.

     
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