True friends stab you in the front.

Amelia x Darren

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    Amelia Isadora Soàve
    Ibrido; 25 (82 reali); Character Sheet


    You can run but you can’t hide
    Time won’t help you
    cos’ karma has no deadline
    You can run but you can’t hide
    Time won’t help you
    cos’ karma has no deadline.


    Ad ogni passo che faceva, un gemito di dolore le sfuggiva dalle labbra macchiate di liquido cremisi, spingendola a stritolare il labbro inferiore tra i denti per evitare che qualcuno potesse sentire i suoi lamenti appena sussurrati. Le mancava poco ormai, l'aveva capito non appena aveva svoltato l'angolo del vicolo in cui aveva nascosto il corpo privo di vita dell'uomo ucciso qualche attimo prima; ma la rassicurazione di essere arrivata all'entrata del pub in cui si recava fin troppo spesso, s'infranse non appena vide tutti gli uomini accalcati all'interno del locale. Che stesse avvenendo una rissa? Impossibile, pensò, John non l'avrebbe mai permesso. Non aveva dubbi a riguardo, conosceva il proprietario del pub in cui si recava più per necessità, che per volere suo, e più volte egli aveva affermato che nessuno scontro che avrebbe compreso il confronto fisico sarebbe mai avvenuto all'interno del suo amatissimo ed isolato locale. L'aveva costruito volutamente in uno tra i borghi più malfamati e disconosciuti di Londra contando solo sulle sue forze e non avrebbe mai permesso a nessuno di rovinarlo o, peggio ancora, portarglielo via. Il "Damned", letteralmente "Dannato", era uno tra i pub più nominati tra coloro la cui anima era, per l'appunto, dannata. Umani il cui scopo nella vita era sperperare quei pochi denari rimasti loro nella tasche in alcool, vampiri alla ricerca di sangue fresco accettabile e demoni il cui impiego era simile, se non peggiore, di quello di Amelia, popolavano quel piccolo e remoto pub londinese.
    Il nome era stato inciso sul legno della porta principale in gotico, ma in base a coloro il cui sguardo era posato sulla scritta, le lettere variavano la loro posizione. Questo avveniva in quanto il proprietario aveva conosciuto una strega molti anni prima e l'aveva costretta ad incantare la facciata principale del locale, così da non attirare l'attenzione di ospiti indesiderati.
    Amelia ridacchiava ogni volta che notava uno tra i poveri sfortunati che John non reputava degni del suo pub, cambiare direzione a causa della scritta "Chiuso" che compariva loro. In quel momento però, il dolore al costato era talmente forte da impedirle di pronunciare una singola sillaba o un altro gemito di dolore. Aveva dunque abbassato lo sguardo al di sotto del suo mantello, notando così che la mano premuta sul taglio era grondante di sangue. In quella posizione non poteva far altro che sperare di riuscire ad arrivare al bancone prima che si venisse a creare un'infezione.
    Spintonava a destra e a manca, mentre con lo sguardo cercava John o un qualsiasi cameriere. Neanche la sua altezza le permetteva una buona vista e ciò a causa di tutti coloro che erano ammassati all'interno del pub. Sembravano una massa di stolti incantati dalla nuova attrazione appena arrivata in città ed Amelia si ritrovò a chiedersi chi potesse attirare tutta questa attenzione. L'assassino di un membro reale, forse. La sua mente necessitava di una risposta, ma il suo corpo aveva bisogni per più urgenti d'una futile curiosità. Ragion per cui si fece forza sfruttando le poche energie che le erano rimaste e, in seguito a una serie di spallate e sgambetti più forti del dovuto, riuscì a richiamare l'attenzione tanto agognata del proprietario del locale. Bastò una semplice occhiata da parte d'Amelia per fargli capire che qualcosa era andato storto, tramutando il sorriso sul volto dell'uomo in un'espressione di pura preoccupazione. Aveva avvolto il polso libero di lei con le sue lunghe dita callose e l'aveva trascinata in una delle sue stanze poste sul retro del locale, lontano da occhi indiscreti. Aveva lasciato ch'ella di distendesse supina sul tavolo in legno di ciliegio presente al centro della stanza, provocandole un grido di dolore non appena lui le tolse il mantello. Le scostò la mano dalla ferita infetta ed estrasse un coltellino da un cassetto lì vicino così da riuscire spezzare le fibre di tessuto che la coprivano. V'era però un problema: parte della ferita aveva iniziato a cicatrizzarsi, con la conseguenza che il sangue tra le fibre del tessuto si era già coagulato ed aveva iniziato a formare un sottile strato di crosta.
    Amelia aveva alzato lo sguardo, posizionandolo poi verso la ferita, ignorando il dolore al petto. « Strappalo. Ora. » Sussurrò in modo che lui capisse di non poter replicare il suo ordine. Non avendo tempo per un qualsiasi anestetizzante, John le porse un piccolo bastone di legno che lei strinse fra i denti, così da sfogare su di esso il dolore lancinante che le percosse il costato quando il tessuto fu strappato. John non le lasciò un solo attimo di tregua prima di versare sopra la ferita dell'alcool per disinfettarla e bruciare, o perlomeno tentar di eliminare, i batteri proliferanti nel taglio. Amelia non conosceva quasi nulla riguardante la medicina, per questo si affidava sempre a John. Egli infatti era un ex-medico militare che aveva lasciato tutto un secolo prima, agli inizi del diciassettesimo secolo, per inseguire il suo sogno, ovvero dirigere un pub creato mattone dopo mattone per mano sua e di nessun altro. Tuttavia la sua conoscenza medica veniva applicata ancora molto più frequentemente di quanto si possa pensare, soprattutto sulla giovane ibrida.
    Ella, a quando sembrava, aveva superato la fase critica della situazione e la sua ferita era stata pulita completamente dalle abili dita del più anziano. Non si azzardava comunque a muoversi, consapevole che il filo con cui l'aveva ricucita doveva essere ancora bloccato. Dovette quindi aspettare ancora qualche minuto, ma alla fine riuscì a sedersi sul tavolo, con le gambe a penzoloni e la schiena ritta. Ad ogni piccolo movimento riusciva a sentire l'epidermide appena saturata tirarsi e rilassarsi subito dopo. E benchè fosse ormai abituata a simili cure, il fastidio non svaniva mai del tutto.
    « Dimmi, chi è stato? » La voce bassa e possente di John riecheggiò tra le quattro mura in cui trovavano i due, spingendo Amelia ad alzare lo sguardo verso di lui. Le stava porgendo una nuova camicia e un paio di pantaloni che lei prese, alzandosi poi dal tavolo per dirigersi dietro un separè.
    « Nessuno di cui tu debba preoccuparti. » Rispose stizzita lei. Non voleva che qualcuno si preoccupasse per lei e, in fondo, nessuno l'aveva mai fatto davvero. Lui tentava di frantumare quella corazza che sembrava racchiudesse un cuore di ghiaccio simile al gelo dei suoi occhi, ma lei prontamente smontava la sua determinazione. Delle volte aveva persino pensato che forse lui avesse un debole per lei, ma le bastava incrociare lo sguardo con il suo per capire che la sua era solo preoccupazione. La ragione doveva ancora scovarla, ma era sicura che ci sarebbe riuscita prima o poi.
    « Non lo ripeterò un'altra volta. Chi. E'. Stato. » Ripetè lui, cercando di mantenere un tono di voce duro e sostenuto. La sua determinazione nel voler scoprire chi l'avesse ferita era ammirevole, Amelia lo sapeva, ma non voleva che lui venisse coinvolto nei suoi affari. Soprattutto quando essi non erano ancora conclusi. L'aspettava un corpo esanime nascosto in un vicolo da da far sparire e aveva a disposizione solo poche ore.
    « E' morto. » Tagliò corto lei, non volendo subire un interrogatorio. « Devo andare, grazie per le cure. » Concluse il discorso così, scappando fuori dalla stanza con il suo mantello subito dopo per evitare di sentir una risposta da parte dell'uomo. Era consapevole di averlo lasciato spiazzato, ma non le importava. Doveva eliminare una presenza sgradevole il prima possibile e nulla l'avrebbe fermata.

    Perlomeno questo era ciò che pensava prima di riconoscere il volto di un uomo che un tempo assassinava le persone proprio come lei. Un uomo caduto a causa dell'amore, l'unico sentimento che, ne era sicura, non avrebbe provato mai.


    Scheda realizzata da 'liz per London gdr » Being a vampire during the age of reason;.
    --> Auguro a chiunque prelevi il codice senza il mio consenso di venir CRUCIATO. Con Amore, Liz.



    Ti chiedo davvero scusa se ho impiegato qualche giorno in più a pubblicarlo, ma spero lo stesso che la trama ti gusti almeno un pochino.


    Edited by Clelìa - 13/2/2016, 21:15
     
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    Our destiny hides among our free choices, disguised as the free-est of all.
    Robert Brault


    “Damned”, così recitava il cartello appeso alla porta del locale. Eppure mettendo piede in quel posto non si aveva l’impressione di entrare in un luogo di dannazione: l’intero ambiente era ben illuminato da delle fiaccole appese alle pareti, le quali lanciavano il loro riflesso su ogni superficie. I tavolini scuri catturavano bene i giochi di luce, ma gli avventori non vi facevano troppo caso, anzi sbattevano le mani e i boccali sul piano inondandolo di birra o di sangue… a ciascun cliente le proprie abitudini. Infatti in posti come quello era difficile incontrare avventori del gentil sesso, bastava darsi un’occhiata intorno per notare che nel locale si potevano scorgere solo volti maschili, eccezion fatta per la ragazza che serviva al bancone.
    Darren si richiuse la porta alle spalle, seguendo Ray e Charlie tra la folla. Quella sera il “Damned” era stranamente gremito di gente, non che si trattasse di un luogo poco frequentato, ma di solito non c’era bisogno di fare a spallate per raggiungere un tavolo vuoto.
    ”Quel gruppo di troll si sta alzando, corro a prendere i posti” Charlie affrettò il passo, lasciandosi oltrepassare da tre energumeni che se ne stavano andando dal locale. Darren si soffermò a guardarli, aveva perfettamente capito perché il suo amico li aveva definiti “troll”: sembravano i classici omoni in grado di smuovere una montagna con i quali la conversazione più profonda avrebbe avuto come tema principale la birra.
    Il vecchio Ray si lasciò cadere su una delle sedie libere, distese le gambe e incrociò le braccia al petto come se fosse pronto per schiacciare un pisolino. Quante volte Darren lo aveva visto addormentarsi in quella posizione a qualsiasi ora del giorno e quante volte aveva dovuto svegliarlo quando si faceva ora di tornare a casa. Ormai era da quasi un anno che Darren lavorava come aiutante di bottega nella falegnameria del vecchio Ray e si trovava molto bene con lui perché pretendeva molto sul lavoro, ma quando si trattava dei fatti personali era discreto e riservato. Ray era l’esatto opposto di Charlie, eppure quest’ultimo era riuscito a farsi accettare da quei due burberi grazie alla sua generosità e alla sua onestà…troppa onestà: al loro primo incontro Darren cacciò Charlie dalla falegnameria lanciandogli dietro degli avanzi di legno perché il ragazzo si era permesso di dirgli che se si fosse tolto la scopa dal c**o magari sarebbe stato in grado di accogliere i clienti con un sorriso.
    Charlie era il più piccolo del gruppo, era il figlio del fornaio che stava alla porta accanto alla falegnameria, aveva a malapena 19 anni, ma era molto più maturo della sua età ed era riuscito a farsi amici gli uomini più asociali della zona lavorativa. In molti gli domandavano cosa ci trovasse in quei due falegnami così maleducati e lui rispondeva sempre la stessa cosa “Il problema è che voi tutti guardate le persone solo con gli occhi”, quelle parole suscitavano borbottii e occhiatacce, alcuni gli davano del matto: quello era solo uno sciocco ragazzino, con cos’altro guardi le persone se non con gli occhi?
    Proprio per la sua capacità di andare oltre le apparenze, Darren e Ray avevano iniziato a portarsi dietro Charlie durante le loro saltuarie uscite serali. Solitamente Darren preferiva andare da solo per pub, non era mai stato un tipo da allegre combriccole, ma da quando era approdato a Londra la sua vita era cambiata…lui era cambiato, ma quella era una lunga storia…
    ”Piccoletto vai a ordinare da bere!” biascicò Ray, allungando le gambe sulla sedia rimasta vuota accanto alla sua.
    ”Perché tocca sempre a me? Io ho trovato il tavolo e voi vecchi procacciate da bere, mi pare giusto!” Il viso di Charlie si scompose in una smorfia buffa mentre distendeva le braccia sul tavolo, era chiaro che non avrebbe ceduto la sua posizione.
    Darren alzò gli occhi al cielo e con uno scatto rapido si mise in piedi. ”Stasera non voglio sentire discussioni, vado io, ma non ti ci abituare ragazzino.” Con un movimento fluido si allontanò dai due amici e si diresse verso il bancone, mentre in lontananza echeggiava la voce del giovane Charlie che inveiva contro di lui per averlo chiamato ragazzino. Darren sapeva perfettamente che il suo amico non sopportava quel nomignolo, ma stuzzicarlo era decisamente divertente.
    Facendosi spazio tra la folla, Darren raggiunse il bancone e vi si appoggiò dando la schiena alla locandiera che si affaccendava per la sua ordinazione. Lasciò andare lo sguardo per il locale, osservando distrattamente gli avventori di quella sera: alcuni più sobri ancora intenti a fare accese chiacchiere da pub, mentre altri in completa balia dell’alcool gridavano e si dimenavano senza che qualcuno li infastidisse o gli dicesse qualcosa.
    La locandiera attirò l’attenzione di Darren dandogli un colpetto sulla spalla, lui le rivolse un cenno di ringraziamento con la testa, afferrò le tre birre e si diresse verso il tavolo dove lo aspettavano i suoi amici, ma il suo sguardo venne catturato da una figura femminile che usciva da una stanza accanto al bancone. Darren si fermò dopo pochi passi, non riusciva a credere ai propri occhi. Quella era davvero lei, Amelia? Era passato molto tempo dall’ultima volta che si erano visti e quasi stentava a credere che potesse trattarsi di lei. Chissà per quale motivo anche lei si trovava lì a Londra. Se le sue abitudini non erano cambiate, a differenza sua, forse poteva anche trovarsela da solo una risposta.
    ”Cosa ci fa una donna come lei in un posto come questo?” La canzonò Darren con un ghigno divertito dipinto sul viso. Era passato molto tempo dall’ultima volta che si erano visti eppure provava un senso di familiarità nei suoi confronti, era come se gli anni non fossero mai passati tra di loro. Amelia era una delle pochissime persone che Darren poteva definire con la parola “amica”, tutti gli altri per lui non erano altro che conoscenze. In passato Darren non era mai stato un uomo socievole e soprattutto il suo vecchio mestiere non gli permetteva di esserlo, anzi gli aveva inaridito il cuore. Eppure c’era speranza persino per lui, infatti adesso che viveva in pianta stabile a Londra e aveva cambiato vita era riuscito a farsi addirittura degli amici (Charlie e Ray). Darren era un uomo nuovo.
    ”Amelia non sei cambiata affatto.” Appoggiò le birre che teneva in mano sul tavolino accanto a loro, per sua fortuna era vuoto altrimenti qualcuno avrebbe approfittato della sua distrazione per berle tutte.
    ”Non sapevo che fossi a Londra, altrimenti ti avrei cercata.” Darren non era mai stato un tipo da grandi dimostrazioni d’affetto e, anche se aveva cambiato vita, questo tratto di lui era rimasto immutato. L’unica cosa che fece fu dare una pacca amichevole sulla spalla della sua cara amica, rivolgendole un sorriso insolitamente aperto e rassicurante; in pochissimi potevano dire di aver visto Darren sorridere e Amelia era una di quelle eccezioni.
    ”Cosa ti ha portato qui amica mia?” Con la coda dell’occhio rivolse un’occhiata a Charlie e Ray che lo fissavano incuriosito e lo indicavano con l’aria di chi la sa lunga dipinta sul viso. L’indomani gli avrebbero rivolto molte domande su quella donna misteriosa, ma in quel momento non gliene importava niente: un frammento del suo passato era tornato a galla e aveva tutta l’intenzione di scoprire se si trattava di qualcosa di casuale o se c’era qualcosa dietro…

    I became a man of
    violence and hate
    but still there’s some good in me

    « swän » code esclusivo del London gdr. Non usare senza il mio permesso.

     
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