Desolation Row

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    Ezra F. Richter » Demon

    « Now the moon is almost hidden
    The stars are beginning to hide
    The fortunetelling lady
    Has even taken all her things inside
    All except for Cain and Abel
    And the hunchback of Notre Dame
    Everybody is making love
    Or else expecting rain
    And the Good Samaritan, he's dressing
    He's getting ready for the show
    He's going to the carnival tonight
    On Desolation Row
    »

    Era tornato da pochi giorni a Londra, dopo aver passato intere settimane nella sua città natia. Il viaggio fu non privo di difficoltà, poiché in Germania in quel periodo dell’anno la neve cadeva copiosa sulle città e sulle campagne. Molti vedevano nell’inverno la stagione della morte, la maggior parte delle persone desiderava vedere la natura risbocciare la primavera successiva. L’inverno faceva paura, poiché non tutti potevano permettersi il fuoco per riscaldarsi e i campi non producevano il sostentamento necessario. Eppure vi era chi la amava: Ezra Ferdinand von Richter era una di queste persone. Abituato al fuoco impertinente del fratello, l’inverno e il freddo riuscivano a farlo sentire più a suo agio col mondo esterno. Il paesaggio innevato, non ancora toccato dalla presenza umana, gli donava una sensazione di profonda tranquillità. La neve fredda era piacevole al tatto; sovente sfiorava con un tocco leggero i cumuli ancora freschi, per godere appieno di quella freschezza e per non lasciare una traccia troppo profonda del suo passaggio. Il candore della sua pelle si rifletteva nella neve bianca e il colore del ghiaccio era un tutt’uno con i suoi occhi. Avrebbe di gran lunga preferito rimanere tutto l’inverno nella tenuta di Hannover, tuttavia il dovere lo aveva richiamato a Londra. Richiedere la stessa purezza in quella città era eccessivo: generalmente pioveva e, quando nevicava, inevitabilmente la neve posata diveniva al pari della melma fangosa. Il clima era, sì, freddo, tuttavia umido e appiccicoso. Londra non riusciva ad attirarlo fuori dalla sua dimora, se non per poche ore pomeridiane o mattutine. Il disordine della città, la gente sdraiata a mendicare, vittima del freddo tagliente, urtavano il suo senso dell’ordine. Londra ai suoi occhi, al suo essere, appariva come una città estremamente caotica: se d’estate questa caratteristica significava una vita sociale estremamente attiva, d’inverno pareva di essere in uno dei circoli infernali danteschi. Quel giorno doveva recarsi alla cattedrale di St. Paul per parlare con uno dei preti delle parrocchie di cui era il benefattore. I patti erano chiari: avrebbe donato un certo quantitativo di denaro al mese al costo del silenzio sulla sua persona. Non desiderava che i suoi familiari mettessero il becco nelle sue questioni. Inoltre voleva un rapporto dettagliato della situazione delle parrocchie: poveri ospitati e aiutati. Ezra non amava sprecare il denaro: un conto era finanziare un progetto ben organizzato, un altro era sperperare i soldi in scelte casuali, che non avrebbero portato a nulla. Per strada nessuno avrebbe visto il nobile donare un soldo ad un mendicante, probabilmente tutto lo vedevano come l’altezzoso nobile incurante della povertà. Ezra aveva imparato che non sempre bisognava pubblicizzare le proprie azioni, anche se avrebbero potuto portare il buon esempio. Non voleva correre il rischio che tutto ciò per cui aveva lavorato venisse ridotto a pezzi dall’arroganza del fratello o dalla superiorità del padre. Quel giorno si era incontrato con il parroco in una delle navate della cattedrale: si trovavano nella zona meno illuminata ed il nobile dava le spalle alla navata centrale, con le varie panche. Parlavano sommessamente, sia per rispettare la religiosità del luogo, sia per evitare di accontentare orecchie indiscrete. Ezra come al solito era impeccabile: indossava un completo composto da una redingote marrone, leggermente tendente al rosso mattone. I bottoni della giacca erano perfettamente tondi, vistosi e richiamavano il colore dorato del panciotto. Esso era finemente ricamato con intrecci floreali. Non mancava sotto di esso la camicia in cotone bianco, con le balze al fine delle maniche e il cravattino ben legato attorno al collo, anch’esso con balze. I pantaloni al ginocchio richiamavano il colore della redingote ed erano infilati in eleganti stivali: erano nel medesimo stile degli stivali da equitazione, tuttavia riadattati alla passeggiata cittadina tra la sporcizia della neve mischiata ad acqua e fango. Aveva piovuto e nevicato nei giorni precedenti, lasciando le strade completamente sporche. Il nobile porse al parroco una sacca in velluto prezioso, da cui proveniva un leggero tintinnio. Di ricambio, il parroco porse un plico di fogli, su cui erano scritti i resoconti degli ultimi mesi. Ezra si mise a leggerlo attentamente, senza badare al mondo circostante. Era sicuro di non venir disturbato e di non essere stato seguito: ovviamente la sua preoccupazione riguardava i suoi familiari; sapeva che Kenner era andato a divertirsi coi suoi amichetti a crear danni, mentre il padre era rimasto a casa ad occuparsi di alcuni affari di Hannover. Beh, la madre o rimaneva a casa oppure perdeva il suo tempo a fare l’oca con le sue amiche. Le sue mani, come al solito, erano coperte con un paio di preziosi guanti, che richiamavano il candore del panciotto. Sfogliava con leggerezza quei registri, senza badare nemmeno al parroco, il quale nel frattempo contava le monete d’oro donatagli dal giovane dagli occhi di ghiaccio.

    Felicità dello scrittore è il pensiero che può divenire totalmente sentimento,
    il sentimento che può divenire pensiero.

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    Leonardo A. Orsini » Vampire
    Qualche mese era già trascorso dal mio arrivo a Londra, mesi in cui comunque non ero riuscito ad ambientarmi del tutto. Non era colpa della gente del posto, così come non era colpa neanche di Alexander, che mi aveva persino introdotto alla vita culturale della città, no, era completamente colpa mia. Non mi trovavo a mio agio con il prossimo, non mi piaceva presenziare alle feste, né tanto meno sforzarmi di effettuare qualche visita di cortesia. Ancor più raro era che invitassi qualcuno nella mia dimora, per quanto grande e spaziosa essa potesse essere. Sarebbe stata anche una bella casa in effetti, se soltanto io vi avessi prestato una maggiore cura. Invece essa non faceva che esprimere più in grande il mio stato d’animo afflitto e tormentato e la tendenza alla solitudine che non mi aveva mai abbandonato del tutto. Preferivo scrivere delle lettere piuttosto che portare avanti una vera e propria conversazione con qualcuno. Le lettere erano un mezzo più distaccato, in qualche modo, sebbene forse riuscissi ad esprimere più passione e sincerità attraverso la carta, ma mi permettevano di prendermi il mio tempo per rispondere, di cambiare versione tutte le volte che volevo e di spedire soltanto quello che ritenevo opportuno. Con le parole pronunciate a voce non si poteva fare lo stesso, una volta che si diceva una cosa non si poteva più tornare indietro, non si poteva prendere l’aria tra le mani e accartocciarla, evitando così che l’altro udisse. No, preferivo scambi di opinioni più gestibili, sebbene spesso avessi bisogno dei miei tempi per rispondere alle lettere e potevano passare anche interi mesi prima che mi decidessi a prendere in mano piuma e inchiostro. Durante il nostro ultimo scambio di epistole la mia dolce amica Lyssa aveva dovuto attendere diversi mesi che la mia malattia mi abbandonasse prima che io mi facessi vivo, riuscendo a ritrovare la forza di stare seduto e scrivere. E questo non era che uno dei tanti episodi che mi coglievano completamente impreparato. Bastava davvero poco perché mi gettassi nel più completo sconforto, allontanandomi dal resto del mondo e rifiutando di avere contatti con chiunque, persino con Mosi, che però non aveva mai davvero gettato la spugna con me. Se ero ancora cosciente e in grado di reggermi sulle mie gambe, lo dovevo sicuramente a lui.
    Ed era solo per lui che ero uscito quel giorno, senza una meta precisa, soltanto perché lui aveva sostenuto che io avessi bisogno di un po’ d’aria fresca e dovevo ammettere che forse aveva ragione dato che, restando chiuso per giorni nel mio laboratorio, non mi ero neppure accorto che l’inverno era arrivato e che qualche fiocco di neve era già caduto ad imbiancare le strade. Il mio sguardo aveva osservato ogni dettaglio di quella città, cogliendo ancora una volta il rumorio concitato della gente, gli odori sgradevoli, persone che si trascinavano lungo la vita in condizioni ancora peggiori della mia. Dovetti scansarmi appena per evitare che un ubriaco mi cadesse addosso, osservandolo abbattersi contro il suolo umido per poi compiere alcune rotazioni su se stesso. Probabilmente avrei dovuto dargli una mano, aiutarlo a rialzarsi, o dirgli almeno qualcosa, ma non ero mai stato molto bravo con le persone, tanto meno lo ero a compiere il primo passo con gli sconosciuti. Continuai ad avanzare, leggermente frastornato da quella visione, mentre il vento gelido si abbatteva contro il mio volto senza tuttavia riuscire a farmi provare nulla. Non sentivo il freddo pungente che tutti lamentavano, né riuscivo a godere davvero il calore della mia terra natia e quella era una delle cose che più riuscivano ad irritarmi. Odiavo il fatto di non riuscire più a provare ogni cosa, il non riuscire più a sentire molte di quelle cose sulla mia pelle che forse avrebbero potuto aiutarmi a trovare nuova ispirazione. Quanti artisti nel corso della loro vita erano stati ispirati da un tocco gelido o dal calore ristoratore del sole? Io osservavo il sole frequente, osservavo la pioggia, la neve, le fronte mosse da un vento implacabile, eppure nulla riusciva a venirmi alla mente. Doveva esserci qualcosa di profondamente sbagliato in me.
    Continuai ad avanzare, rendendomi conto soltanto dopo che i miei piedi mi stessero conducendo verso la cattedrale di St. Paul. Mi fermai per qualche momento al suo esterno, osservando la sua facciata e chiedendomi se fosse davvero il caso di varcare la sua soglia. Era un’architettura incredibile, così grande da lasciarti senza fiato, ma non era quello a lasciarmi da pensare, quanto piuttosto il significato che essa racchiudeva. Non ero mai stato un uomo particolarmente credente, eppure avevo sempre provato un certo rispetto verso coloro che sceglievano di appellarsi a qualcosa di più grande di loro e che entravano in quei luoghi alla ricerca di pace e del perdono. Io non avrei mai trovato nulla di ciò al suo interno, ma sicuramente vi avrei trovato il silenzio e fu soltanto quello a spingermi ad entrare, cercando di non fare rumore, di non farmi notare.
    La luce fioca delle candele all’interno non mi creò alcuni problemi, anzi, quell’atmosfera silenziosa e riservata riuscì per un momento a farmi tirare un sospiro e ad allontanare la mia mente da tutto ciò che mi turbava. Sapevo che era soltanto una questione psicologica, che nulla era davvero accaduto e che quella tranquillità era data soltanto dalla consapevolezza che nessuno mi avrebbe riconosciuto o mi avrebbe chiesto alcunchè. Il mio volto non era noto all’interno della città e i pochi con cui avevo avuto modo di disquisire non erano certamente frequentatori della cattedrali. Lasciai quindi che i miei piedi continuassero a guidarmi e che il mio sguardo continuasse a muoversi senza alcun freno lungo le superfici dipinte e finemente decorate. Fu soltanto dopo qualche minuto che il mio occhio colse due figure sedute nell’area meno illuminata di tutta la cattedrale, mentre uno dei due dava le spalle alla navata centrale. Non riuscii a trattenere la curiosità, facendomi più attento per cercare di capire che cosa stesse accadendo. Doveva trattarsi di una conversazione privata, ma non era il contenuto ad incuriosirmi, quanto una delle due figure. Mi bastò sentirlo parlare di nuovo per riconoscere quell’accento tedesco che mi era rimasto impresso e che era riecheggiato nelle lettere che ci eravamo scambiati negli ultimi tempi. Durante il nostro primo incontro ci eravamo promessi di tenerci in contatto, ma non avevo pensato che sarebbe accaduto davvero, quindi ricevere la sua prima lettera mi aveva lasciato di stucco e non ero riuscito a trattenere una risposta di getto. Trovai strano vederlo lì, all’interno di una chiesa, lui che invece era un demone e distolsi appena lo sguardo quando li vidi scambiarsi qualcosa, smettendo di ascoltare. Tentai di distogliere completamente la mia attenzione, riprendendo a camminare lungo il fianco della cattedrale, ma dopo qualche minuto non riuscii a trattenermi dal lanciare un altro sguardo nella loro direzione. Rimasi fermo quasi, per qualche secondo, fino a che non colsi lo sguardo del demone e allora accennai un cenno di saluto, senza sapere neppure se mi avrebbe riconosciuto.
    Ripresi quindi a camminare, sforzandomi di non guardarli ancora, per poi decidermi a prendere posto su una panca mentre il mio sguardo si spostava verso l’alto, osservando la meravigliosa volta. Non riuscivo a stare fermo, neppure in quel caso. Non era la prima volta che entravo in quel luogo, eppure ogni volta era come se fosse la prima perché tutta quella meraviglia riusciva quasi a lasciarmi senza fiato. Era incredibile come l’uomo fosse allo stesso tempo capace di creare così belle e di distruggerle senza alcun pensiero. Rimasi immobile per diversi minuti, senza neppure il bisogno di respirare. Neppure il suono di alcuni passi che riecheggiarono per la cattedrale riuscì a farmi spostare lo sguardo. Per quel giorno avevo già ficcato troppo il naso in cose che non mi riguardavano, non avevo intenzione di andare in cercare di guai.

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    Ezra F. Richter » Demon

    « Inverno. Come un seme il mio animo ha bisogno del lavoro nascosto di questa stagione. »

    Leggeva con attenzione quel documento, ne analizzava ogni singolo dettaglio, commentando in maniera diretta e senza giri di parole i punti in cui riteneva che ci fossero state delle mancanze. Non state distribuendo in maniera omogenea abiti pesanti per l’inverno commentò ad un certo punto, osservando l’elenco della distribuzione dei beni. Era forse l’aspetto che lo lasciò più perplesso, chiese se fosse per problemi di denaro o per una gestione non curata delle risorse. Il parroco a sua discolpa disse che aveva concentrato la maggior parte del denaro nei cibi caldi, soprattutto per i bambini e per le madri. Ezra rimase pensoso, osservando quei numeri e annuii comprensivo. Vi farò recapitare maggiore denaro per l’acquisto di coperte ed abiti pesanti, soprattutto per chi non può essere ospite presso la chiesa affermò risoluto. Elogiò il resto dell’operato del parroco, senza tuttavia, come al solito, mostrare un eccessivo entusiasmo. Il parroco di Londra gli sembrava una persona affidabile, ovviamente teneva sotto controllo il suo operato minuziosamente, perché di natura il nobile era poco portato a fidarsi e, soprattutto, non amava che le cose sfuggissero al suo controllo. Parlarono ancora per qualche istante, fino a quando il demone non intravide una figura dall’aspetto familiare. Si congedò, quindi, velocemente dal parroco, assicurandosi, come al solito, discrezione sulla sua identità. Niente pubblicità, nemmeno tra quelle persone che venivano aiutate dal suo denaro. Doveva rimanere un benefattore anonimo, non gli interessava la gloria: gli interessava che le cose funzionassero. Non voleva rischiare di diventare di dominio pubblico, non tanto perché fosse una persona timida o poco incline a stare al centro dell’attenzione, ma perché un’eventuale pubblicità non avrebbe fatto altro che distruggere tutto ciò che aveva costruito con meticolosa cura. Un minuto sorriso comparve sul volto del nobile alla vista del vampiro: si erano scambiati un numero considerevole di lettere, per essersi conosciuti la prima volta ad un insulso pomeriggio letterario tra inetti ed arroganti. Lo aveva trovato interessante, una persona in mezzo a tutta quella marmaglia con cui era piacevole parlare e confrontarsi. Avevano molte idee discordanti, in realtà: Ezra era un uomo portato all’ordine, sia in letteratura ed in arte, mentre Leonardo era più interessato alle imperfezioni. Ne avevano parlato a lungo nelle loro lettere, e, nonostante ciò, Ezra trovava piacevole conversare con lui. Non gli veniva istintivo prevalere sul giovane, anzi, attendeva solamente l’espressione delle ragioni che portavano il vampiro a mantenere le proprie posizioni. Era un carteggio fertile, il demone passava sempre un certo tempo, prima di rispondere, a pensare alle parole adatte, a formulare i propri pensieri in modo tale da non spegnere tale scambio. Si avvicinò alla panca dove si era seduto il vampiro Cultore di chiese o uomo di fede? domandò, accennando ad un lieve sorriso. Stare in chiesa di certo non giovava al suo corpo, sentiva un certo fastidio a rimanere lì, ma finchè non veniva in contatto con oggetti santificati poteva resistere. Era come avere un fastidioso prurito su tutta la pelle. Affiancati potevano sembrare appartenere alla stessa razza: Ezra possedeva anch’esso una pelle candida, tuttavia un osservatore ben attento avrebbe potuto osservare come il candore del demone fosse diverso da quello del vampiro. Ezra poteva sembrare tranquillamente un angelo decaduto, la sua pelle riluceva a contatto con la fioca luce che entrava dalle vetrate. Leonardo invece appariva più trascurato, effettivamente la sua pelle poteva essere pari a quella di un morto mantenuto in vita. Dentro di se Ezra si domandava se Leonardo avesse sentito ciò che lui ed il parroco si erano detti, ma si disse di essere paziente: forse, in questa eventualità, il discorso sarebbe uscito da sé. Mi domando se un italiano proveniente da una città bella come la vostra apprezzi l’architettura nordica domandò indirettamente il nobile, alzando lo sguardo anch’egli alla volta della chiesa. Da parte sua, nessuno sarebbe mai stato in grado di riprodurre le bellezze classiche o rinascimentali. Tuttavia non gli dispiacevano quelle cattedrali così alte e minacciose, luoghi in cui avere quasi timore, piuttosto che sollievo verso i propri peccati. Attese con curiosità la sua risposta, sentendo sempre più il fastidio di quel luogo sacro. Posso forse chiedervi se gradite fare due passi all’esterno? Ammetto che non è un luogo in cui son bene accetto affermò ironico, sorridendo e riposando lo sguardo sul vampiro. In tutti ciò Ezra non si era mai scomposto: era lì, anche il più semplice gesto appariva di una naturalezza disarmante e allo stesso tempo deciso, privo di indecisione. Attese la risposta del vampiro, senza muoversi e senza costringerlo.


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    Leonardo A. Orsini » Vampire
    Il mio sguardo si mosse lentamente all’interno di quel sontuoso edificio silenzioso, come se i miei occhi quasi temessero di disturbare, ben sapendo di essere del tutto fuori luogo. Non avevo mai provato una certa affezione per le chiese, neanche quando la mia vita era stata mortale, quindi ora mi veniva ancora più difficile farlo. Eppure il silenzio di quei luoghi, il ricordo della sensazione di freddo che varcare una di quelle soglie portava con sé, riusciva ad offrirmi un attimo di pace e di tranquillità. Era lì che mi recavo nei giorni in cui la mia mente si faceva più affollata perché quel silenzio, accompagnato da occhiate interrogative che non avrebbero mai perso l’occasione di scrutare un estraneo, riuscivano per qualche momento a farmi mettere da parte tutto il resto. La mia famiglia sarebbe stata probabilmente lieta di vedermi lì, mia madre avrebbe desiderato di sentirmi chiedere perdono per ciò che ero diventato, eppure non ne ero in grado. Per quanto detestassi la condizione in cui mi trovavo, per quanto quella nuova vita mi sembrasse vuota e sbagliata, non sarebbe comunque servito chiedere perdono a chi non avrebbe mai potuto darmelo, a chi probabilmente neanche esisteva. Miei occhi si posarono per qualche istante su quelle figure senza tuttavia prestare loro troppo attenzione. Non ero lì per imprimere nella mia mente i loro volti, ero lì soltanto alla ricerca di un po’ di silenzio. Perché se anche la mia dimora sapeva essere un luogo silenzioso, i pensieri quando mi trovavo chiuso all’interno di quelle mura non accennavano a fermarsi e si facevano sempre più insistenti e opprimenti. Quella dimora era forse il luogo che influiva in maniera più negativa sul mio umore piuttosto precario: bastava una sciocchezza perché tutto il mio mondo iniziasse a ruotare nel verso sbagliato, perché ogni sfumatura di colore si tingesse di nero, costringendomi a chiudermi in me stesso e rifiutare ogni contatto con l’esterno. Sembrava che più tempo trascorressi in solitudine all’interno del mio studio o della mia stanza e più il peso del mondo si faceva sentire sulle mie esili spalle, tanto da farmi sentire il bisogno di prendere una boccata d’aria.
    Fu abbastanza strano per me cogliere la figura di Ezra Richter all’interno di quella chiesa e mi limitai a rivolgergli un leggero cenno con il capo, senza tuttavia avvicinarmi per invadere il suo spazio e cercando di sforzarmi per non ascoltare quello che lui e il sacerdote si stavano dicendo. Il mio udito raffinato mi permetteva di cogliere qualunque suono e in casi come quelli, in cui non volevo farmi gli affari degli altri, la trovavo una cosa oltremodo scomoda. Cercai di canticchiare un motivetto all’interno della mia e di concentrarmi sui discorsi di altri dei presenti per evitare di sentire il discorso di Ezra, ma mi fu comunque impossibile evitare di cogliere alcune parole. Sentii qualcosa riguardo del denaro e delle coperte, ma cercai di non collegare le sue cose, cogliendo semplicemente il leggero sorriso che il demone mi rivolse nel vedermi. Il Signor Richter era un uomo raffinato e dalla perfetta educazione, qualcuno con cui era piuttosto piacevole conversare. Certo, il fatto che i nostri ultimi contatti fossero avvenuti per via epistolare aveva reso tutto molto più semplice, ma sarebbe stato interessante vedere se saremmo riusciti a mantenere la conversazione anche in quell’occasione, in un nuovo faccia a faccia. Non rimasi tuttavia nelle sue vicinanza, preferendo lasciargli del tempo per concludere i suoi affari, e la possibilità di avvicinarmi soltanto dopo a me, se lo avesse desiderato. Mi accomodai quindi su una panca, rivolgendo lo sguardo verso il soffitto, per poi lasciare che un vago sorriso inarcasse appena le mie labbra al suono della sua voce. -A dire la verità non posso dire di essere nessuna di queste due figure. – mormorai, continuando a mantenere quel leggero sorriso sul volto. -Diciamo però che sono più interessato all’arte, che alla fede, nonostante di solito il preferisca un altro genere di edifici. – spiegai, tranquillamente, motivando la mia precedente risposta. Non ero un uomo di fede, ma non ero neanche uno particolarmente avvezzo ad andare alla ricerca di chiese con il semplice intento di visitarle. Il più delle volte era il caso a muovere i miei passi e soltanto quando mi ritrovavo di fronte ad un luogo mi rendevo conto di esserci arrivato, senza sapere bene per quale motivo lo avessi fatto. La sua velata domanda successiva non mi colpì e nessuna particolare espressione comparve sul mio volto a quel punto, mentre riportavo lentamente lo sguardo sulla copertura prima di dare lui una risposta. -Ogni luogo ha un suo personalissimo canone di bellezza per quanto mi riguarda. – iniziai, in tutta tranquillità, affermando qualcosa che doveva aver già compreso durante il nostro scambio di lettere. -Sono architetture diverse, senza dubbio, ma ciascuna a modo suo esprime la cultura del popolo che l’ha realizzata e provo sempre una certa emozione nell’osservare ciò che un’associazione di persone è stata in grado di esprimere. – continuare, senza sapere se avessi o meno risposto a pieno alla sua domanda. Non ero il genere di persona a cui piaceva fare dei confronti delle cose, amavo le diversità ed era di quelle e delle imperfezioni che amavo nutrirmi e circondarmi.
    Abbassai tuttavia il capo, con aria vagamente incuriosita quando mi chiese di accompagnarlo a fare due passi all’esterno, dato che quel luogo lo faceva sentire in qualche modo a disagio. Immaginavo che dovesse essere a causa della sua natura. Se io mi sentivo fuori luogo all’interno di una chiesa, considerando che avevo superato la morte e che ero per quei credenti un abominio, immaginavo che per lui dovesse essere ancora più spiacevole ritrovarsi all’interno di un luogo come quello. Annuii quindi, senza chiedere nulla, alzandomi lentamente da quella panca e rispondendo lievemente al suo sorriso. Non ero un tipo che sorrideva molto, eppure di fronte a tanta cortesia neppure io riuscivo a rimanere del tutto impassibile. Ci avviammo in silenzio verso l’esterno della chiesa, con passi tranquilli e io strizzai appena gli occhi nel ritrovarmi di nuovo alla luce del sole. Era davvero buffo pensare che ci fosse soltanto un anello ad impedirmi di bruciare sotto i raggi del sole. -Siete stato altre volte al salotto di Mr. Nevinson? – chiesi, a quel punto, con onesta curiosità, riportando lo sguardo sul mio interlocutore. Era lì che ci eravamo incontrati la prima volta, eppure i nostri discorsi non si erano più spinti verso quell’argomento. Io di solito preferivo tenermene lontano, eppure lui mi era sembrato a suo agio in quell’occasione. -Io preferisco declinare gli inviti il più delle volte. – spiegai poi, senza che me lo chiedesse, per spiegare il motivo della mia assenza, nel caso in cui l’avesse notata ad uno di quegli eventi, sempre che vi avesse preso parte di nuovo. -Non approvo molto la maniera in cui vengono condotti, preferisco trascorrere il mio tempo a studiare, scrivere, o cercare di risolvere qualche nuovo problema, piuttosto che litigare con qualcuno che non sarà mai davvero in grado di comprendere. – aggiunsi ancora, con un leggero sorriso divertito sul volto, per poi aspettare una sua risposta. Non sapevo come lui considerasse quegli eventi, probabilmente riteneva che fosse buona educazione presenziare nel caso di un invito, ma io non sarei mai stato di quell’avviso. Meglio essere considerato maleducato che dover sopportare intere ore di un simile supplizio.

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    Ezra F. Richter » Demon

    « Gli angeli ancora risplendono, anche se è caduto quello più splendente. »

    All'apprenza Ezra perfettamente si inseriva all'interno di quel contesto: il colore della sua pelle ben si confondeva con il colore della pietra, sebbene qualcuno avrebbe potuto sostenere che al demone sarebbe stato meglio associare il marmo. La sua figura non aveva praticamente nulla da invidiare ad una statua del Fidia stesso, a parte qualche piccolo difetto, quale la cicatrice sotto al suo occhio sinistro: un lascito dell'amato fratello. Un occhio poco attento avrebbe di certo associato quella figura eterea ad un Angelo austero, dolce nei rari momenti in cui sul suo viso l'angolo della bocca si piegava per dispensare un flebile sorriso. Come si poteva associare una tale figura ad un Demone? Una creatura proveniente dall'inferno infuocato, o, se vogliamo immaginare il tutto con la fantasia di Dante Alighieri, una creatura proveniente da un lago di ghiaccio avvolto dalle fiamme.

    « Per ch'io mi volsi, e vidimi davante
    e sotto i piedi un lago che per gelo
    avea di vetro e non d'acqua sembiante
    »

    Non sarebbe stato difficile immaginare Ezra camminare imperturbato su quel lago ghiacciato: uno avrebbe potuto pensare che il colore dei suoi occhi derivasse dallo stesso. Questa immagine poteva risaltare ad un occhio attento: bastava poco per superare quell'apparenza angelica e vedere che dentro gli occhi di ghiaccio si nascondeva un'anima irrimediabilmente impura. Un'anima forgiata da quel ghiaccio e quel fuoco infernali. Questo non significava che Ezra fosse un criminale, un demone fuori controllo come poteva essere suo fratello. Era un nobiluomo di tutto punto e le sue azioni da benefattore potevano essere associate a quelle di un Santo. Tuttavia lui e il suo stesso potero derivavano dall'oscurità più profonda e ciò non poteva essere mutato. La capacità di possedere la mente altrui non era forse un'aperta manifestazione dei poteri demoniaci?
    Si avvicinò al vampiro appellandosi a lui con la solita parlantina sciolta e sicura, nonostante le solite durezze nel parlato derivanti dalla sua lingua madre. E cosa preferite, se posso curiosare un po' tra le vostre preferenze? domandò discretamente, senza voler dare l'impressione di voler ficcanasare nelle abitudini del vampiro. Tuttavia era sinceramente attratto da quella figura, gli veniva difficile trattenersi nel porre domande, per conoscerlo meglio. Desiderava sapere di che cosa si occupava, come trascorreva il suo tempo: aveva intuito che non era un uomo da salotti e convenevoli tipici della nobiltà, eppure non riusciva ad indovinare le sue occupazioni, a parte la lettura, come aveva potuto constare più volte nel loro scambio di lettere. La sua risposta successiva confermò ciò che il demone aveva intuito più e più volte: la capacità del vampiro di apprezzare cose molto diverse, di porsi nel mezzo, senza schiarsi necessariamente per una fazione o per l'altra. Riusciva a trovare la bellezza in qualsiasi dettaglio, anche il più infimo. Comprendo affermò Devo ammettere che, nonostante io sia uno strenuo sostenitore del Classico, le chiese mi hanno sempre affascinato, in qualsiasi stile esse siano state costruite. Paradossale, non credete? Un demone attratto dall'arte sacra. E da essa strenuamente respinto ovviamente. disse, con un lieve sorriso ironico sulle labbra. Il demone non dava segno di dispiacersene della situazione, infondo essa non poteva essere cambiata in alcun modo e, comunque, finchè non toccava oggetti sacri non rischiava la propria incolumità. Poteva rimanere seduto sulle panche ad ammirare le architetture, gli affreschi senza provare altro che un fastidio perpetuo, ma sopportabile. Era comunque un controsenso interessante: perchè un demone avrebbe dovuto provare piacere dall'osservare le magnificenze dell'arte sacra? Essa era ispirata direttamente dal Colui che aveva cacciato Lucifero dal paradiso. Forse era perchè l'arte era pur sempre una creazione umana: questo impediva ai demone di soffrirne troppo gli effetti?
    Assecondò il suo desiderio di uscire all'esterno; varcato il portone di ingresso potè inspirare profondamente un'aria meno insidiosa. Non aveva portato con sè il tricorno, ma le sue mani non si erano mai private dei preziosi guanti che le proteggevano. Era un dettaglio caratteristico dell'abbigliamento del nobile, molto probabilmente il vampiro aveva avuto modo di accorgersene. Anche il demone all'inizio fu infastidito dalla luce improvvisa del sole, ma se ne abituò in poco tempo. Leonardo prese la parola nuovamente, ponendogli delle nuove domande. Ridacchiò leggermente. Oh, sì. fece una piccola pausa, riportando alla memoria gli ultimi incontri prima della partenza. Inizialmente siete stato l'argomento di maggior interesse: Mr.Lewis si è offeso a morte a causa delle vostre parole. O anche delle mie, ma ovviamente tanto è inetto nell'arte quanto lo è nel mostrare coraggio e davanti a me non ha osato manifestare alcun segno di risentimento. un'altra pausa Dopodichè si è parlato della mia imminente partenza e sono proseguite le solite chiacchiere, miste a un po' di pettegolezzo e politica, oltre che di arte. affermò concludendo la sintesi di un tipico incontro tra nobili. Ezra aveva preso a camminare verso una direzione non ben definita, tenendo le mani stretta dietro la schiena, appoggiate, non rigide, in una postura ricolma di eleganza senza sforzo. Ascoltò attentamente il giovane, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sè. E' una delle tante occupazioni della giornata, è un modo per incontrare nuove persone e sperare che esse siano di una certa levatura. Inoltre permette di mantenersi informati sui climi della nobiltà e di concludere eventuali affari. Non nascondo poi un certo divertimento nel ritrovarmi in situazioni come quella in cui ci siamo conosciuti. affermò con un sorrisetto divertito. Non nascondo un certo risentimento nei confronti dei miei familiari, per cui qualsiasi attività che mi tenga lontano da casa è più che ben accetta. concluse infine, senza tuttavia sbilanciarsi su quella constatazione. Descrisse la sua famiglia come se fossero dei completi estranei dalla simpatia discutibile. Comunque posso comprendere che una persona non avvezza a ignorare certi elementi possa trovare fastidio in certi contesti: basta imparare a farsi gli affari propri, senza però mostrare segno di stizza, in modo da non sembrare maleducato. Pensate forse che io presti attenzione a tutto ciò che si dice in tali incontri? gli domandò, questa volta posando lo sguardo cristallino sul vampiro e accennando ad un sorriso complice.


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    Leonardo A. Orsini » Vampire
    Guardandoci dialogare insieme probabilmente chiunque avrebbe potuto notare l’apparente perfezione dell’eternità impressa nei nostri corpi. Anche per chi non era avvezzo a comprendere quali creature si celassero dietro un volto, un corpo e un atteggiamento, c’era sempre stato qualcosa di estatico e particolare nella vista di qualcosa di eterno, che era poi ciò che sapeva rendere i vampiri così affascinanti agli occhi delle loro prede, troppo prese a cercare di spiegarsi che cosa in essi sapesse attrarli, per rendersi conto del pericolo prima che fosse troppo tardi. Avevo sempre trovato una beffa poco divertente l’avere a che fare con un corpo che molti avrebbero potuto definire perfetto quando dentro di me nulla poteva rispondere a quella stessa definizione. Ero sempre stato un uomo spezzato che faceva non poca fatica a trovare il suo posto nel mondo, nonostante in apparenza si potesse dire che io lo avessi trovato. Un leggero sorriso divertito increspò appena le mie labbra quando Ezra mi chiese di illustrargli almeno qualcuna delle mie preferenze. -State tentando di cogliermi in fallo, Mr. Richter? – chiesi, e quella punta di divertimento era abbastanza visibile nel mio sguardo e chiara nella mia voce, a dimostrazione che, in fin dei conti, quella domanda non mi aveva affatto turbato. -Di solito preferisco non esprimere alcuna preferenza, le persone tendono ad offendersi se qualcuno non è d’accordo con loro e preferisco evitare inutili screzi. – spiegai, cercando di fargli capire il motivo per cui di solito tendevo a stare per le mie, anche quando si trattava di sciocche discussioni all’interno di un salotto da cui avrei volentieri preso le distanze. -L’architettura inglese è diversa da quella che più generalmente si potrebbe definire come nordica e devo dire che, se devo essere sincero, forse quella inglese è proprio quella che meno riesce ad entusiasmarmi. – dissi, con tutta l’onestà di cui ero capace, dato che ero stato direttamente chiamato in causa. -Ma ad essere del tutto onesto neanche gran parte dell’Italia sa darmi delle buone sensazioni, anche se temo sia legato a questioni ben più personali dell’architettura. – aggiunsi, con un sorriso un po’ più serio e malinconico, che lasciava intendere che c’era qualcosa di ben più serio e di ben meno divertente di cui non avevo intenzione di parlare, anche perché dubitavo che la mia vita potesse interessargli, soprattutto se si trattava di quella che avevo trascorso prima di divenire un vampiro. In sostanza, a voler leggere tra le righe, non c’era nulla che io sapessi preferire davvero, ma anche in questo caso era più dovuto ad un mio malessere personale che a ciò che mi circondava. Non avevo mai imparato a stare bene con me stesso, a stare a mio agio con tutto ciò che stava dentro la mia testa, ed era per questo motivo che non ero mai riuscito davvero ad apprezzare alcunchè. Ci avevo provato. I miei studi e i miei scritti dimostravano una voglia di conoscere e osservare probabilmente fuori dal comune, ma appena la passione che aveva fatto nascere quello scritto iniziava a spegnersi, tutto ricadeva all’interno di quel baratro che era la mia coscienza, io per primo, e terminarli diveniva per me pressochè impossibile. C’erano così tante cose che avevo iniziato e che non ero mai riuscito a concludere, probabilmente troppe, e non avevo mai trovato il coraggio di riprenderle in mano e provare a ricominciare da dove mi ero fermato, temendo di non riuscire più a trovare nulla di bello o appassionante in ciò che un tempo aveva saputo accendermi di vita e di luce. -Ad ogni modo, preferisco edifici più laici, come le biblioteche ad esempio, riesco a trovarmi decisamente più a mio agio in quel genere di silenzio. – continuai, mentre all’interno della mia mente si delineava chiaramente la differenza tra il silenzio riverenziale che si respirava all’interno di una chiesa e quello pullulante di idee delle biblioteche. Mi rivelò di essere un sostenitore dello stile classico, ma che nonostante questo le chiese avevano sempre saputo affascinarlo, per quanto paradossale potesse essere che un demone fosse attratto dall’arte sacra che invece, di contro, lo respingeva continuamente. Potevo comprendere come si sentiva, anche se non condividevo a pieno la sua repulsione fisica per quegli ambienti.
    Lo seguii quindi all’esterno, così che potesse sentirsi maggiormente a suo agio, cercando di indagare su come poi si era evoluta la situazione ai maledetti salotti di Mr. Nevinson, che da quel momento in avanti avevo più o meno gentilmente declinato. Mi disse che in un primo momento ero stato oggetto di numerose discussioni e allora alzai gli occhi al cielo, scuotendo il capo con l’aria di chi non poteva credere che davvero non avessero nient’altro di meglio da fare. Ovviamente però Mr. Lewis non aveva avuto il coraggio di manifestare a Ezra il suo risentimento, comportandosi come l’inetto che in fondo era. -Non avevo dubbi, penso che anche se dovesse incrociare il mio cammino di nuovo, e spero vivamente che questo non accada mai, tenterebbe di salutarmi come se nulla fosse successo, salvo poi bofonchiare alle mie spalle credendo che io non possa sentirlo. – dissi, con l’aria neutra di chi già troppe volte aveva dovuto vivere una situazione come quella, senza neanche cercare di mascherare quanto cose del genere sapessero infastidirmi. L’argomento ovviamente era cambiato in poco tempo, passando alle solite conversazioni, ma questo non rendeva il tutto per me più interessante. Mi disse che per lui era un modo di incontrare nuove persone, sperando magari di incontrare qualcuno di interessante e che gli permetteva di mantenersi informato, oltre al fatto che riuscisse a trovarlo persino divertimento in occasioni come quella che avevamo condiviso. Lo faceva soprattutto per stare lontano dalla sua dimora perché non aveva un ottimo rapporto con i suoi familiari e a quel punto tentai di vedere la cosa sotto una lice diversa, di capire come potesse essere vedere quel mondo con i suoi occhi, ma non mi riuscì molto bene. -Non sono mai stato molto bravo con le persone. – dissi, quando mi fece notare che bastava semplicemente evitare di mostrare il proprio fastidio a quelle persone e non prestare loro troppa attenzione. -Ho sempre preferito dedicarmi allo studio, alla conoscenza, talvolta persino alla scrittura o all’arte, piuttosto che avere a che fare con delle persone di cui non apprezzo la presenza. – continuai, con una leggera alzata di spalle, cercando di fargli capire quanto semplice fosse il mio punto di vista. -E’ per questo che detesto i salotti e più in generale le occasioni mondane, mi costringono ad avere a che fare con troppe persone che non sono molto abile a tollerare. Un tempo vi ero costretto, ma ora che posso scegliere da solo preferisco evitarlo, quando posso. – dissi, senza tuttavia fare alcun esplicito riferimento alla mia famiglia. Sebbene fossero trascorsi diversi anni dalla loro dipartita, mi veniva ancora piuttosto difficile parlare di loro con qualcuno. C’era sempre quel senso di colpa latente che provavo nei loro confronti e non mi permetteva di accettare quella seconda vita che soltanto a me era stata concessa, quello stesso senso di colpa che mi aveva convinto ad andare alla disperata ricerca di una cura, di qualcosa che potesse forse, un giorno, riportarli tutti in vita. -Voi invece li avete sempre apprezzati? – chiesi, mentre continuavamo ad andare avanti, senza una meta precisa, almeno per quanto mi riguardava. La chiesa era ormai a qualche minuto di distanza da noi e la mia dimora si trovava dall’altra parte della città, ma camminare per me non era mai stato un grosso problema, non da quando ero un vampiro, sebbene la mia scarsa propensione per il sangue non mi permettesse certo di essere in ottima salute. -Perdonatemi. Temo di essere una pessima compagnia con questa mia avversione per il mondo. – dissi poi, ad un certo punto, rendendomi conto di quanto i miei discorsi potessero suonare polemici e che probabilmente stavo riuscendo persino ad annoiarlo. Purtroppo io ero sempre stata una persona distante dal normale scorrere del tempo, chiuso in un mondo in cui soltanto io riuscivo a vivere.

    No more let life divide
    what death can join
    together

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  7. ‘R-ƒräncës‚
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    Ezra F. Richter » Demon

    Alla sua domanda, Ezra ebbe un moto di riso. Ampliò maggiormente le labbra, mostrando i denti bianchi e facendo uscire dalla bocca una risata contenuta, accompagnata dal sussulto del petto. Non pensate male di me, Leonardo. Non intendo in alcun modo porvi in difficoltà affermò, mantenendo un’espressione divertita sul volto. Nonostante questo moto improvviso di ilarità, il demone comunque non si scompose, la sua risata non fu gracchiante e smodata, ma una semplice emissione di voce controllata. Quanto aveva lavorato nel passato per raggiungere questo stato? Da giovane questo autocontrollo non gli era mai appartenuto, era un semplice giovane con una famiglia che non lo accettava. Qualsiasi sua manifestazione di affetto o di esuberanza diventava sempre un bersaglio per il fratello, che non riusciva in alcun modo ad accettare la sua presenza in casa. Ecco il risultato di anni ed anni di maltrattamenti, umiliazioni: Ezra era perfetto, imperscrutabile, impassibile. Non si poteva scalfirlo. Non era una costrizione, un atto di violenza contro se stesso: ormai era il suo naturale modo di essere. Non si svegliava la mattina pensando: oggi devo essere perfetto. Si alzava la mattina e il suo pensiero era: sono perfetto. Ascoltò attentamente quello che aveva da dire, tenendo lo sguardo cristallino dritto davanti a sé. Non concordava con le sue parole, storse appena le labbra in segno di disappunto. In tal modo, però, lasciate che le persone vi scavalchino. Non permettete che vi si rispetti affermò il demone, senza alcun tono polemico, ma esprimendo quella che, secondo lui, era una pura constatazione. Con questo non intendo dire che io apprezzi discussioni gestite a urla e schiamazzi, tuttavia nemmeno ritengo che ci si debba nascondere a causa delle proprie idee. Amenochè questo nascondersi non faccia parte di un progetto più ampio affermò, con un sorriso malizioso sul volto. Avete forse in corso d’opera un attacco ai salotti di Mr. Nevinson? domandò il demone divertito. In seguito, il vampiro si concentrò maggiormente sul discorso architettonico. Il demone annuiva alle sue affermazioni, anche se si soffermò qualche istante sul ragazzo quando espresse il suo pensiero riguardo l’Italia. Inizialmente non disse nulla, limitandosi ad osservare le espressioni del giovane e prestando attenzione al tono della sua voce. Leonardo non andò oltre ed Ezra si limitò a riportare lo sguardo davanti a sé. Non voleva essere indiscreto, ma allo stesso tempo era estremamente curioso riguardo a tutta quella esitazione nel parlare della sua città natìa. Ci fu un momento di silenzio, interrotto dallo stesso Leonardo. Ebbene, devo concordare con voi che le biblioteche sono estremamente affascinanti. Vi è mai capitato di visitarne alcune, arroccate nei monasteri più nascosti? Ho avuto il piacere di venire a contatto con delle incredibili rarità più volte. Se fare il monaco significasse solamente studiare e scrivere, beh, non mi dispiacerebbe. Tuttavia non credo di essere in grado di rinunciare ai miei agi e alle mie occupazioni mondane disse con la solita naturalezza e sincerità. Divenire monaco avrebbe significato anche perdere il proprio denaro e di conseguenza non essere più in grado di portare avanti le sue opere benefiche. Non fraintendete, non sono uno scialacquatore di denaro, tuttavia se mi venisse privato, non saprei come portare avanti molte delle mie occupazioni affermò, sorridendogli e senza andare nello specifico. Non amava ostentare le sue opere di bene, nessuno in teoria conosceva il reale motivo che lo aveva portato alla cattedrale di St. Paul quel giorno. Ed il demone non era intenzionato a condividere ciò nemmeno con il vampiro. Oramai si erano allontanati dalla cattedrale, quando Leonardo riprese a parlare di Mr. Lewis Non potrete di certo nascondervi da ogni nobiluomo di Londra affermò il demone divertito, per poi divenire nuovamente serio alle sue successive parole. Dunque scrivete e studiate. Di cosa vi occupate precisamente? Poesia? domandò incuriosito. Io personalmente mi diletto nella scrittura di versi affermò, raddrizzando maggiormente la schiena. Alla sua domanda il demone si prese qualche istante per pensare. Apprezzare non è forse il termine adatto. Semplicemente sono sempre vissuto in tali circostanze e ho imparato ad adeguarmici. Ci sono state volte in cui avrei preferito rimanere a casa a leggere, piuttosto che vedere persone. Ma ci sono state anche delle volte in cui un salotto mi ha permesso di conoscere persone interessanti o semplicemente di uscire di casa fece una piccola pausa. Come ho già detto, non è un segreto che i componenti maschili della famiglia Von Richter non vadano d’accordo. Ecco, una persona che non vi auguro di incontrare è mio fratello. Mr.Lewis è una presenza piacevole rispetto a lui disse il demone, con un sorriso a metà tra il divertito e un’estrema serietà. Il suo volto ritornò sorridente quando il vampiro di scusò per le sue parole. Non fatevi cruccio, trovo la vostra presenza piacevole. E siete un esempio di persona gradita, conosciuta da un noioso salotto gli disse sincero, con un sorriso sul volto il demone. Lo pensava seriamente e Ezra sperava di riuscire a conoscere meglio quelli che erano i demoni del vampiro. Aveva osservato come il parlare dell’Italia e della sua famiglia lo turbasse e ciò era motivo di estrema curiosità.



    Felicità dello scrittore è il pensiero che può divenire totalmente sentimento,
    il sentimento che può divenire pensiero.

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