Blowin in the wind

Kensington Palace - Julia

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    William Blake Wood » Ribelle
    Senza la speranza è impossibile trovare l'insperato.
    E di che cosa avevano più bisogno in quel momento i ribelli, e insieme a loro tutta quella umanità di cui continuavano a far parte fra molte difficoltà e ristrettezze, se non della speranza che desse vita a un cambiamento? Al mutamento per eccellenza, quello più grande, la rivoluzione politica e morale, che con l’impegno di tutti, riavrebbe condotto allo stravolgersi di quella schiavitù in cui si era trasformata l’esistenza umana. Alle volte Will si chiedeva come si fosse arrivati a tutta quella situazione: alla crudeltà, all’indifferenza - anche e soprattutto verso i propri stessi simili - e per che cosa poi? Solo per quieto vivere. Ai tradimenti e infine all’asservimento. Poi a un certo punto finiva sempre con il ricordare e davanti a lui si materializzava il riflesso di uno sguardo spento, che aveva scorto tante volte fra le strade polverose e fumose di Londra, fra i vicoli stretti di Camden Town, ma anche nelle zone all’apparenza più tranquille e privilegiate di Londra. Uno sguardo che aveva paura. Provarla sulla stessa pelle o vederla riflessa sul corpo di qualcun altro era assai differente, ma poi non così tanto. Occhi che dietro l’odio, la rabbia e l’imperscrutabile indifferenza non celavano altro che timore e sofferenza, ma non vi poteva essere d’altra parte speranza senza paura, solo un animo prostrato giunto a tanta disperazione e rabbia poteva avere la forza di dare adito alla speranza che inaspettatamente avrebbe percepito crescere dentro di esso, proprio perché parte integrante di quell’umanità che esseri come i vampiri non avrebbero mai potuto aspirare ad imitare. La paura sarebbe rimasta certo, impossibile spazzarla via, quella si che sarebbe stata forse una speranza vana, anche per l’ottimismo che segnava indelebile il carattere di un William Wood. Non almeno dopo una guerra che aveva visto perire così tanta gente per la sete di potere di esseri che per secoli avevano albergato solamente nei loro incubi ad occhi aperti o nei loro racconti più fantasiosi, e anche il dolore che certe assenze e il vuoto pesante di ricordi e presenze confortevoli, che mai più sarebbero state l’una a fianco all’altro, non sarebbe cessato facilmente. Ma la paura, così come la speranza, era indispensabile per capire quando fosse il momento opportuno per fermarsi o quando dare invece ascolto a quell’anelito di libertà che insieme all’andare avanti, al guardare al futuro, a voler infrangere limiti e conoscenze passate, era un altro lato caratteristico fondante dell’essere umani e.. vivi. Will dall’alto della sua incoscienza non si era mai tirato indietro nella lotta che vedeva ormai da mesi o meglio da anni contrapposti uomini contro vampiri, ma incosciente, forse quello non era il termine più giusto per definirlo, perché la consapevolezza di combattere dalla parte giusta e per uno scopo che alla fine avrebbe potuto cambiare la vita dei più in meglio, e non solo quindi di una piccola minoranza come gli eterni che poggiavano le basi del loro potere sul sangue altrui e sulla prevaricazione violenta, gli era stata instillata fin da quando era solo un bambino dal nonno paterno, insieme a un innato senso della giustizia che lo avevano reso quello che era: un combattente per la speranza, oltre che per la libertà. Era proprio forse grazie all’esempio fattivo del nonno, uomo di grande cultura e moralità, che aveva deciso di unirsi alla causa dei ribelli, di rischiare ogni giorno la propria vita e a far si che essa, venisse sconvolta completamente da una scelta così radicale. La sua famiglia, così come le tante altre della Londra più povera, aveva perso tutto con la guerra: la propria bottega, il piccolo patrimonio messo da parte, la sicurezza che avevano faticosamente costruito in tanti e duri anni di lavoro, ma avevano sempre cercato di non piegarsi o di arrendersi. Nessuno di loro. E Will per quanto non approvasse alcune scelte fatte dal padre in passato, non aveva alcun scrupolo nel riconoscere che senza il loro appoggio e sostegno, forse sarebbe stato molto più difficile andare avanti. Ma Will poche volte si era sentito solo in vita sua, e mai in quell’ultimo periodo, né mentre compiva una dei suoi speciali atti di ribellione, né mentre camminava fra le ombre della notte diretto verso la zona di Kensington, guardingo, con una missione ben precisa da portare avanti. Era sempre più difficile muoversi per Londra, specie se si aveva la costanze sensazione di essere seguiti o sorvegliati da occhi che sapevano vedere più dei loro, ma quella era la sua città del resto, vi era cresciuto, e Will aveva passato gran parte della sua adolescenza a bighellonare con i propri amici fra le strade e passaggi segreti della città, adoperando spesso scorciatoie che una guardia reale o i lori aiutanti, non avrebbero mai utilizzato o pensato che esistesse. Alzò gli occhi verso il cielo che si intravedeva negli spicchi acuminati dei palazzi, uno ammassato all’altro di quella zona senza alcun ordine o armonia, fermandosi per un momento e appiattendosi contro un muro, respirando a pieni polmoni quell’aria tetra e buia che lo circondava: era una notte velata, nuvolosa, senza luna, ma percorsa da un leggero e freddo venticello invernale. Non nevicava da giorni, ma alcune strade erano ancora ostruite da macerie e blocchi di un manto lattiginoso, che di candido non aveva più nulla purtroppo. Aveva dovuto allungare il percorso di un almeno un miglio per evitare una ronda da parte di alcune guardie, ma riprese a camminare subito, affondando passo dopo passo verso la destinazione finale. Gli era stato affidato una missione da Morren e non aveva nessuna intenzione di far tardi: per quanto la disciplina, così come certi ordini e certi metodi avessero incontrato in lui in passato una qualche resistenza, che resisteva tutt'ora, comunque sempre pacata e molto ragionevole in realtà, anche lo stesso Will come ogni appartenente al gruppo dei ribelli non poteva che nutrire un grande rispetto e ammirazione verso quella figura di leader autorevole e sempre pronto a preoccuparsi per ognuno di loro. Tutti avevano dovuto rinunciare a qualcosa una volta entrati nei ribelli, chi alla propria famiglia, chi al proprio compagno, chi ai propri amici, gettandosi alle spalle la propria vecchia vita. Ma alcuni inevitabilmente avevano perso di più, affrontando perdite inimmaginabili e sforzandosi al contempo di continuare ad essere un simbolo, un punto di riferimento, seppellendo dolore e pessimismo dentro se stessi e non mostrandoli a nessuno, perché la storia e il tempo non lo permettevano. Un leader non poteva dimostrarsi debole e forse neanche compassionevole, ma la vera stoffa di un capo rivoluzionario risiedeva nel suo essere giusto e coraggioso quando se ne sarebbe presentata l’occasione; purtroppo quando si era in guerra la linea fra ciò che appariva giusto per i propri scopi e invece ciò che comunque rimaneva sbagliato a livello morale, diveniva sempre più sottile, un equilibrio instabile destinato a spezzarsi e a confondersi con altri sentimenti, che nulla centravano con la lotta di partenza. Il ragazzo si guardò attorno, il proprio aspetto celato da un caldo mantello nero, che lo copriva da testa a piedi, nascondendo le armi che portava indosso per sicurezza, un paletto legato a una caviglia, un pugnale intriso di verbena all’altra, e una pistola alla cintola, e un leggero fischio si levò melodioso come quello di un uccello notturno dalla sua bocca. Qualche secondo dopo ci fu una risposta, Will sorrise e stringendo la sacca che portava sulla spalla sinistra, incominciò a dirigersi verso il parco che costeggiava Kensington Palace, senza far troppo rumore e dando così nell'occhio, nascondendosi nelle ombre allungate delle case e degli alberi che avrebbero potuto costituire una via di fuga, se qualcosa fosse andato storto, e stando bene attento a rimanere sottovento, così da evitare che la propria presenza venisse captata da qualche curioso di troppo. Julia probabilmente doveva essere già arrivata, si erano dati appuntamento di fronte a uno dei cancelli che davano sul lato ad est della villa, lo avrebbero dovuto scavalcare per inoltrarsi poi all’interno, altri tre ribelli avrebbero fatto loro da sentinelle e supporto, ma il compito di mettere in atto la missione sarebbe spettato solo a loro due. Will non dubitava che il ruolo della ragazza sarebbe stato fondamentale, lui non era mai stato un gran guerriero, le sue armi erano sempre state altre, oltre al dono della parlantina che si ritrovava, e qualcuno che in caso di necessità avrebbe potuto aiutarlo a tirarsi fuori dai guai, era più che necessario conoscendolo. Insomma lui non era proprio il tipo che conosceva il senso del limite, in senso buono certo, ma qualcuno che ne frenasse le idee improvvise e strampalate, era indispensabile per la buona riuscita della missione, e forse proprio per quel motivo, Morren aveva deciso di affiancarli per quella loro incursione in uno dei palazzi decaduti, ma in ristrutturazione, della vecchia e nuova nobiltà londinese. Loro due si conoscevano da tempo, i loro genitori avevano entrambi una bottega in città, e più volte Will aveva avuto modo di incrociare Julia, e per quanto il ragazzo diventasse timido e balbettante quando si ritrovava a che fare con qualche ragazza, ne aveva sempre ammirato la tenacia e l’abilità nel sapere destreggiare qualsiasi tipo di arma, ma anche quell’idealismo positivo che li accomunava e che li aveva fatti ritrovare e rincontrare fra le fila dei ribelli, facendoli diventare ottimi amici. Kensington Palace si stagliava superbo e silenzioso vicino a lui, con la coda dell'occhio ne studiò per un momento il profilo avvolto nell’oscurità, tentando di scorgere qualche fiaccola o segno di presenza altrui, ma nulla sembrava palesarsi alla sua vista. Dopo la guerra la residenza era stata abbandonata a favore dell’attuale palazzo reale, ed era usata e aperta ai suoi possessori soprattutto durante l’estate o qualche evento speciale. Un concerto si sarebbe svolto fra qualche giorno e quella era proprio l’occasione più giusta per mostrare alle personalità più in vista della cerchia attorno ai Lancaster, che la speranza e la ribellione era sempre pronte a rinascere, come un’araba fenice, e nelle occasioni più impensate. Incurante dei rischi e delle conseguenze. Il fiato argenteo e freddo del proprio respiro continuò ad avvolgerlo e ad accompagnarlo, insieme al tambureggiare ritmico del proprio cuore, fino a quando Will non scorse da lontano la figura della compagna in attesa del suo arrivo, aumentando il passo e giungendo infine accanto a lei, mentre una improvvisa folata di vento li accoglieva quasi a voler far spalancare con tutta la sua furia e impazienza le porte di quel palazzo, come dei viaggiatori che stanno per varcare le porte dell’Inferno.
    Will la osservò come colto da un'ispirazione improvvisa, lasciandosi accarezzare da quel soffio di vita gelata, per un momento con uno strano sguardo a prendere possesso del proprio volto, mischiato al luccichio di quei suoi occhi verdi e profondi. Non era paura quella che vi era riflessa o forse solo in parte. Le sorrise in modo appena accennato, serio e concentrato.
    Lo senti? E' il vento della speranza.
    Andiamo a risvegliare la fenice e il fuoco di libertà che arde da troppo tempo, è giunto il momento.

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    Edited by Leah Eyre - 11/2/2014, 19:43
     
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    Julia Harrison » Umana/Ribelle
    La verità è che non ci credeva più nemmeno lei. La speranza era una cosa meravigliosa, se solo se ne ricordava la sensazione. Dopo mesi trascorsi in cattività, a nascondersi e a combattere, a piangere i propri cari e a osservare a distanza le macerie della propria abitazione, la speranza diventava solo un lontano ricordo. Julia non se la ricordava, non ci credeva più. Stava affrontando Londra di notte perché credeva negli altri, perché era piena di volontà e di coraggio. Credeva che altre persone avrebbero trovato sollievo e voglia di rinascita, ma lei adesso riusciva soltanto a combattere, quasi alla cieca, ed era questo il suo ruolo. Proteggere Will e permettergli di realizzare il messaggio di speranza per tutti, poco contava se a lei sarebbe rimasta soltanto una nauseante nostalgia di ciò che un tempo era.
    Vestiva come un uomo, anche quella volta. Stivali, pantaloni e una lunga mantella viola con tanto di cappuccio sulla testa e, soprattutto, il manto della notte che la proteggeva dai nemici. Aveva sfidato la fortuna portandosi dietro le frecce con le punte intrise di verbena nella faretra, appesa appena dietro la schiena. L'arco era nascosto sotto il mantello, assieme a un pugnale assicurato dentro lo stivale destro. L'intenzione era di non usare nessuna di queste armi, ma riuscire a evitare qualsiasi vampiro e inghippo. Il suo volto e quello di Will sarebbero dovuti rimanere sconosciuti, loro sarebbero dovuti rimanere vivi. La notte la proteggeva mentre si acquattava e avanzava, passo dopo passo, verso Kensington Palace. Chissà cosa avrebbe pensato Calliope se l'avesse vista rischiare la vita per infondere speranza. Forse avrebbe protestato per il rischio, forse sarebbe stata al suo fianco e ci avrebbe creduto ancora più di lei, ma Calliope non c'era più ormai da tempo e Julia non aveva la minima idea di dove fosse. Non voleva accettare l'idea che potesse essere morta, ma nei periodi di maggiore sconforto non poteva fare a meno di domandarselo. Sicuramente era a causa della dolorosa assenza della sua migliore amica che si era unita ancora di più a Will. C'era qualcosa di in lui che spingeva a fare qualcosa di buono, a fare qualcosa di meglio. La sua parlantina era adorabile e il suono della sua voce la rilassava. Correndo dietro l'ennesimo palazzo, ormai quasi giunta a Kensington Palace, Julia sorrise fra sé, pregustando l'incontro con l'amico. Non avrebbe potuto trovare compagno migliore per quel compito. Quello che volevano fare era folle, sconsiderato e... Perfetto. I folli assassini con le zanne avrebbero avuto la loro lezione da semplice pittura e inchiostro, e ne sarebbero usciti inevitabilmente colpiti. Lei, che era una guerriera sin dalla nascita, non aveva mai creduto che la penna ferisse più della spada, ma in questo caso si stava seriamente ricredendo. I vampiri erano scaltri ed erano guerrieri, si guardavano le spalle dagli attacchi a sorpresa, dagli intrighi e dall'odio, ma come avrebbero reagito davanti a un simbolo di speranza sotto gli occhi di tutti?
    Julia arrivò per prima e controllò il perimetro con le altre tre sentinelle, poi si separarono per coprire più spazio. Le luci del palazzo erano spente e nessuna guardia vigilava l'esterno. Dio, com'era diverso quel luogo senza più umani. Un tempo c'erano guardie in ogni luogo, aristocratici, luci scintillanti. Suo padre, un paio di volte, aveva venduto armi da collezione persino lì e l'aveva portata con sé per farle ammirare il posto. Adesso era solo un'ombra, un ricordo di ciò che era stato.
    Il vento soffiò. La stoffa dura del suo cappuccio le si appiccicò sul viso mentre lei tentava di scostarselo dagli occhi e scorgere la nuova figura che le si avvicinava. Will. Lo guardò negli occhi e vi lesse dentro la forza della speranza. No, avrebbe voluto dirgli, è solo vento. Ma non ne ebbe il coraggio.
    “Come fai a esserne così sicuro, Will?” domandò, facendo un mezzo sorriso che generò le due solite fossette ai lati della bocca. Lo superò, sollevando il volto verso il luogo che avrebbero ospitato la loro impresa. “Vuoi davvero entrare? Vuoi attraversare il giardino, raggiungere la facciata del palazzo e lasciare un'impronta che rimanga sotto gli occhi di tutti?” domandò, tornando a voltarsi verso di lui. Lo guardò dritto negli occhi, appoggiando la mano libera dall'arco sulla sua spalla. Strinse le dita sul suo corpo. “Io sì. Facciamo che sia un grido.” sorrise, come solo con poche persone faceva.
    C'era un punto, intorno al cancello, privo di sbarre appuntite. Julia si distanziò rapidamente dall'amico e sollevò lo sguardo lì. Incastrò il proprio braccio sull'arco, lasciandoselo così dietro la schiena e strinse le mani intorno alle sbarre. La serratura della porta era quadrata e forniva un ottimo punto di appoggio per il piede sinistro. Julia salì, alzando poi una mano verso le foglie dorate che fungevano da abbellimento e si aggrappò saldamente lì. Alzò la gamba destra e arrivò dall'altro lato, usando lo stesso quadrante della serratura per appoggiare il piede. Tenendosi con le mani, anche la gamba sinistra superò il cancello e lei, quasi in bilico in quella posizione, si lanciò in un salto in avanti, atterrando in ginocchio dentro la tenuta di Kensington Palace. Avrebbero potuto provare a scassinare la serratura, ma il cancello non era troppo difficile da scavalcare e poi le piaceva lasciare meno tracce possibili. Si rialzò velocemente, pulendosi il ginocchio sinistro, e si voltò all'indietro per osservare la mossa di Will.

    C'è un momento che devi decidere:
    o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé.

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    Nonostante a Julia piaccia questa missione, mi è uscita meno ottimista di quanto avrei pensato, ma mi è venuto davvero naturale scrivere così. Credo che saranno la giocata e soprattutto Will a farle ritrovare un po' di luce. <3

    Per scavalcare il cancello ho immaginato di trovare una porta come quella di sinistra dell'immagine, nonostante questo sia l'ingresso principale, perché il resto è appuntito e ci facciamo bua ù.ù http://www.luckylittletravelers.com/pictur...gton_palace.jpg
     
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    William Blake Wood » Ribelle
    Vi era una sottile differenza fra il credere in qualcosa e l’esserne sicuri al di sopra di ogni dubbio o incertezza, perché dal punto di vista di Will un uomo troppo sicuro di se stesso e delle proprie idee, non avrebbe impiegato molto tempo a vedere sconfitti, l’uno dopo l’altro, i propri progetti e probabilmente anche tutti i sogni segretamente celati dentro di sé. La sicurezza, se non un certo orgoglio accompagnato spesso da uno sprezzo negativo verso le posizioni altrui, caratterizzava anche gli uomini migliori, così come quelli peggiori. E lui a che schieramento aveva deciso di appartenere? Will certo credeva in quello che faceva e tentava di dimostrarlo ogni giorno, in quella loro lotta quotidiana e fratricida, che gli aveva fatto perdere un pezzo di cuore, oltre a tantissimi amici, ma quel suo credo era d'altra parte molto differente da una fede unilaterale, che avrebbe portato molti a calpestare idee e intenzioni opposte, non però lui, non Will. Aveva avuto anche il ragazzo in quel ultimo periodo dubbi e diversi ripensamenti, attimi di scoramento, dove la rabbia e il dolore l'avevano forse reso più duro che in passato, e si era chiesto se non fosse cambiato lui stesso, come se quel riflesso più stanco e invecchiato o forse solo più maturo che lo coglieva impreparato ogni qualvolta che si ritrovava fissare la propria immagine, fosse in grado di far intravedere, come se centrasse qualche magia potente e oscura, ferite invisibili, cicatrici interiori a cui non aveva mai dato più di tanto importanza; quello stallo, l’insicurezza, il dolore della gente, la diffidenza, la perdita della speranza anche in persone sempre in apparenza così forti come Julia e l’ombra di pesanti responsabilità in chi aveva certamente un ruolo molto più importante del suo, avrebbero messo in difficoltà chiunque, almeno chiunque fosse umano. Ma proprio dalla debolezza, dal ritenere di non farcela più a vivere a quel modo, alcuni grazie al proprio carattere e a tutto quel bagaglio di esperienze e conoscenze che li aveva resi in qualche modo più solidi, sicuramente speciali, riuscivano a ritrovare la forza di andare avanti, nonostante tutto. E non si trattava solo di vedere la loro situazione come senza alcuna via d’uscita, con l’unica possibilità di continuare a lottare per semplice inerzia o per solo spirito di sopravvivenza, quasi che si fossero ridotti ad essere delle bestie cacciate dai loro cacciatori. Come molti dei loro nemici ormai li consideravano, sicuramente quella era l’idea di molti dei cacciatori di ribelli, a cui nessun uomo avrebbe dovuto arrendersi, perché avrebbe significato perdere tutta la propria identità, se non la loro dignità. Will si scostò il cappuccio dal viso, cogliendo il dubbio più che nelle parole di lei, nel suo sguardo, attendendo quel soffio improvviso di brezza cessasse per risponderle o almeno tentare di farlo, senza apparire troppo retorico e sognatore, ma rimanendo comunque se stesso, come aveva sempre tentato di fare. Continuare ad essere e non solo apparire, non nascondendosi dunque dietro maschere o sorrisi poco sinceri.
    Non ne sono sicuro, ma posso comunque percepirlo. La speranza è come il vento..
    Una sua mano si mosse libera nell’aria attorno a loro, come se stesse tentando invano di catturare qualcosa, le dita arrossate dal freddo si strinsero in un pugno, salde e decise. Le mostrò il pugno chiuso e lentamente lasciò che queste si schiudessero come un bocciolo in fiore e ricambiò il sorriso della ragazza. Lo avrebbe sicuramente preso per pazzo, chiunque sano di mente probabilmente lo avrebbe fatto, nessuno poteva fargliene una colpa, neanche lo stesso Will.
    Il vento non si vede, ma lo si può comunque percepire sulla pelle, entrarti dentro i polmoni, nella gola, sfiorarti gli occhi. Non tutto ciò che non si è in grado di vedere, non per questo non è.. Più che un fuoco la speranza è vento, è aria. Non si può acquietare, né sopprimere, e soprattutto non se ne può a far meno per vivere, per sentirsi vivi. E vedere che sono in grado di far sperare le persone anche in questi tempi bui, a farle sorridere.. e qui le lanciò un’occhiata scherzosa, fa aumentare la mia convinzione a non smettere di crederci.
    Si anche lui voleva entrare, compiere quella pazzia, mostrare come valesse la pena continuare a combattere: avrebbero rischiato e con molta fortuna e un pizzico di rischio riteneva che ce l’avrebbero fatta, se avessero unito le forze e le loro diverse personalità. Non era poi dopotutto quello i ribelli? Anime spesso perdute, ma cuori che non volevano arrendersi, che continuavano a battersi per una causa comune, non solo per se stessi. La osservò scavalcare con destrezza e abilità invidiabili,e nonostante l’arco sulle spalle, il cancello di ferro,Will scosse la testa con un pizzico d’invidia lasciandosi andare a una risata che sapeva anche di ammirazione. Lui per quanto agile, era sempre stato abbastanza goffo o almeno quella era sempre stata una sua impressione; attese che passasse dall’altra parte e incominciò ad arrampicarsi a sua volta. Con la sacca posizionata in modo tale che non costituisse alcun impiccio, fece leva con il piede destro e aggrappandosi con le braccia agli appigli che spuntavano dalle foglie dorate, un movimento dopo l'altro, arrivò fino in cima tenendosi senza troppa difficoltà in equilibrio e una volta lì, spiccò un salto, carambolando a terra per attutire la caduta, decisamente con meno grazia della compagna, ma abbastanza efficacemente da non rompersi alcun osso. Anche perché la sua testa era troppo dura per rompersi per una sciocchezza del genere. Si rialzò in piedi, si sistemò il mantello e controllando che tutto fosse a posto nella sacca che penzolava dalla sua spalla,le fece segno dove fossero diretti, la loro prima tappa: una serra dall’aspetto elegante e ben curato, che si trovava a destra dell’ingresso del palazzo, e che avrebbe potuto fungere anche da utile riparo, in caso qualcuno stesse sorvegliando l’entrata principale.
    Qualcuno ha lasciato qualcosa per noi nell’Orangery vicino al palazzo, se vogliamo entrare all’interno avremo bisogno di più di qualche paletto o arco, tieni ho disegnato una mappa approssimativa di ciò che circonda la casa e alcuni degli spazi interni, in caso ci dovessimo dividere. Will voleva evitare ad ogni costo una soluzione del genere, ma dovevano essere pronti a tutto, anche a un piano di fuga o al doversi sbarazzare di eventuali ostacoli. Da una manica del mantello si materializzò una pergamena e gliela porse velocemente, per poi guardarsi intorno e orientarsi con tutto quel buio. Una camminata per una decina di minuti a ridosso dei giardini e sarebbero giunti fino all’aranceto e poi al palazzo vero e proprio.
    Le prime guardie, se le nostre informazioni sono attendibili, dovrebbero arrivare fra qualche ora, abbiamo il tempo necessario per fare quello che dobbiamo e anche altro.. ma qui si fermò, non aveva intenzione di rilevarle tutto, perché probabilmente lei avrebbe cercato di fermarlo e Will del resto era abituato a improvvisare, a cogliere l’ispirazione del momento. Marciarono per una decina di minuti, a buon passo, arrivando alle spalle dell’Orangery tenendo bene aperti gli occhi e le armi pronte, accolti improvvisamente dal profumo di piante e aromi particolari, ma non sembrava esserci veramente nessuno a quell’ora, tranne loro, e i tanti fantasmi che dovevano popolare quelle stanze ormai vuote e prive di vita, e Will sospirò per il sollievo.
    Sei mai stata dentro al Palazzo, prima d’ora? Due giorni fa mi sono intrufolato fra i garzoni, stanno allestendo al secondo piano alcune sale per un concerto di musica, sembra che ci sarà un'ospite d'eccezione, e c'erano molti umani a lavorare assoldati dai vampiri. Le chiese a sua volta, curioso se fosse mai stata lì e guardandola per un momento, prima di fare qualche altro passo avvicinandosi alla porta della serra, squadrandone assorto la porta di vetro, più con un pensiero a gravargli sulla testa. Provò a vedere se fosse stata lasciata aperta, ma sfortunatamente non era così e lui non era mai stato bravo a scassinare serrature o cose del genere, un loro compagno, un certo Alfred di Manchester aveva cercato di insegnargli con molta pazienza i trucchi del suo “vecchio mestiere”, ma senza molti risultati. Will sorrise a quel pensiero, ma fu un attimo e tornò serio. Si sfilò parte del mantello e senza pensarci su molto, avvolgendoselo attorno a un braccio per proteggere la pelle da eventuali schegge, cozzò il corpo contro il vetro della parte superiore della porta, frantumandolo nella zona che circondava la maniglia interna. Infilò la mano dolorante nel buco creato e con un po’ fatica riuscì ad aprire la porta, lasciando che Julia entrasse prima di lui.
    Non si vede granché con questo cielo buio e carico di nubi, dovremmo cercare qualcosa per fare luce all’interno. Potremmo lasciare traccia nella facciata, ma lo noterebbero subito e l’effetto sorpresa svanirebbe presto e poi i mattoncini dei muri esterni non permettono neanche di arrampicarsi molto. Invece se trovassimo una stanza, e lì una parete immacolata, ma in bella vista da risultare visibile a tutti in quel giorno particolare, saremo a cavallo. O quasi.
    Come gli era stato assicurato un’altra sacca simile alla sua si trovava parzialmente nascosta vicina a un’orchidea blu, Will girò per un pò fra i vari filari e una volta individuata, l’afferrò velocemente e ne mostrò il contenuto a Julia: dei ferri per forzare eventuali porte e soprattutto una boccetta contenente una pozione trasparente, ma dai riflessi luminescenti, quasi vibranti, vivi: la loro arma segreta.
    Magia unita alla fantasia. Cosa ci può essere di meglio? Ammiccò in sua direzione con un entusiasmo crescente, spostando lo sguardo dal contenitore al suo viso, pronto come non mai a quell’ennesima avventura folle.

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    Julia Harrison » Umana/Ribelle
    Julia rimase ferma di fronte a Will, la schiena dritta, la postura rigida, lo sguardo fiero. Gli occhi scuri scivolarono lungo il suo viso e si soffermarono, con maggiore intensità, sulle sue iridi chiarissime, quasi limpide. Era in attesa della sua risposta, ma soprattutto era in attesa di qualcosa da parte sua. Ormai sapeva che William aveva un suo modo del tutto personale – e per certi versi affascinante – di vedere e intendere le cose; andava oltre i limiti che lei aveva, vedeva qualcosa in più, percepiva le cose in modo differente, più intenso e profondo. Era per questo motivo che difficilmente gli diceva di no. Capitava, soprattutto quando temeva che lui osasse troppo e potesse mettersi nei guai a causa del suo temperamento artistico e ironico, ma pensava anche che contraddire le sue idee fosse come tarpargli le ali e lei, questo, non avrebbe mai voluto farlo, mai. Will era di certo la persona più viva che conoscesse, ed era difficile essere vivi quando si viveva da sottomessi, ma lui ci riusciva e questo andava preservato. Con David c'era affinità, un modo simile di intendere la loro causa, con Will invece c'era un mondo ancora più vasto che doveva scoprire. Che voleva scoprire. Fu per questo che, conscia della sua mente brillante, rimase ad aspettare la sua risposta con infinita serietà. Non rise quando lui chiuse il pugno per afferrare l'aria, seguendo invece con fiducia i suoi movimenti e le sue parole.
    “Se la speranza è il vento allora noi dobbiamo aprire le finestre...” rispose, con un sorriso che coinvolse gli occhi scuri, dalle ciglia lunghe e nere. Con una venia di ironia tentò di dire a Will di aver compreso le sue parole, sebbene lei vedesse il tutto in una chiave pragmatica, solida e concreta. Se lui era stato la mente di quella missione, lei sarebbe stata il suo braccio e insieme avrebbero creato un corpo unico e completo. In fin dei conti anche Will sapeva combattere e anche lei aveva un messaggio da diffondere, non restava che unirsi per creare un vero e proprio grido.
    Non pensava che Will fosse pazzo, non lo era affatto. Lui aveva la capacità di vedere oltre i limiti del buon senso, oltre i limiti del concreto, del reale, ed era una cosa meravigliosa.
    Scavalcare il cancello fu un'impresa semplice, ma chiaramente i problemi dovevano ancora iniziare. Julia tornò a voltarsi verso Will e ascoltò il suo piano. Il suo entusiasmo era senz'altro... Pericoloso.
    “Vuoi entrare dentro? Intendi proprio... Dentro? Non ti basta l'esterno?” chiese, sbattendo le palpebre un paio di volte. “Altro cosa...? Oh, Will!” gli scoccò un'occhiata più lunga e intensa delle precedenti, come per fargli capire che lo teneva d'occhio. Si era ripromessa di non tarpargli le ali e di assecondarlo, come spesso faceva, ma se lui aveva in mente di cacciarsi nei guai lei lo avrebbe scoperto e fermato, e anche alla svelta. Per il momento, però, si limitò ad affiancarlo lungo il loro cammino. Fu un bel momento, nonostante la tensione. Le piaceva camminare al fianco di Will, le piaceva stare con lui. Era coinvolgente, in ogni cosa che faceva e diceva, la faceva sentire parte di qualcosa ed era un onore far parte delle sue idee.
    Quando scorse la mappa che lui aveva preparato, comprese con certezza di essersi addentrata in qualcosa di più difficile di quanto Will le avesse lasciato intendere. Prese con sé la pergamena e la infilò sotto il mantello, custodendola gelosamente. Ormai nei pressi dell'Orangery, continuò ad ascoltare l'amico.
    “Io ci sono stata pochi anni fa,con mio padre. Aveva venduto un paio di armi antiche qui e mi aveva portato con sé. E' stato bello, questo posto me lo ricorda.” ammise, con un nodo alla gola che riuscì a non far sciogliere. Pensare ai suoi genitori era sempre un duro colpo. Tutte le sue prime missioni le aveva svolte con loro, era così strano adesso non vedere suo padre davanti a lei e sua madre al proprio fianco, creando sempre quella perfetta squadra di combattenti e lottatori. Lei non era brava come loro, ma cercava di essere coraggiosa e di rendere giustizia alla loro memoria, di renderli fieri di lei, di continuare ciò che loro aveano iniziato. Il mondo apparteneva agli umani, era questo che le avevano insegnato e lei avrebbe cercato in ogni modo di rendere nuovamente reale il loro pensiero, di realizzare quella che ormai sembrava solo un'utopia. Avrebbe lottato, anche a discapito della vita. Deglutì l'angoscia, rimanendo lucida.
    L'odore di piante le inondò le narici in modo piacevole. Essere ignobili come i vampiri che si circondavano di quella bellezza... Quale assurdo ossimoro. C'erano ancora i fiori, un miscuglio di incantevoli colori intensi che sembravano troneggiare persino nel buio della notte.
    Mentre si beava di di quell'odore e di quella vista, così diversa dalle stradine sudice alle quali erano abituate, la voce di Will la riportò bruscamente alla realtà.
    “Ti sei intrufolato fra i garzoni?” domandò, fissandolo con aria di rimprovero. “Sei sempre il solito. Perché devi sempre farmi morire di paura per te?” chiese, sospirando rumorosamente. Fece per aggiungere qualcosa, ma il modo in cui lo vide forzare la serratura le insinuò un pensiero ben più importante nella testa. Will se la cavava egregiamente, aveva una buona iniziativa, era attento e intelligente.
    “Sei sempre più bravo...” disse in un sussurro, facendo saettare lo sguardo intorno. Impugnò il suo arco e prese la prima freccia, entrando per prima. Puntò davanti a sé, immediatamente dopo a destra e poi a sinistra. Pronta all'attacco, pronta a ogni pericolo e a ogni evenienza, i sensi tesi, i muscoli guizzanti. Non c'era nessuno. Il buio li accolse come unico compagno.
    “Tutto pulito... Per ora.” mormorò, lasciando lo spazio a Will per entrare con lei. Cercarono la sacca fino a trovarla, Julia scorse per la prima volta i ferri necessari a forzare eventuali porte.
    “Cos'è?” domandò, in merito alla pozione.
    Sollevò lo sguardo e vide quello di Will su di sì. Lo sostenne a lungo, guardandolo dritto negli occhi. Aveva uno sguardo pulito, iridi cristalline, qualcosa di coinvolgente nel viso. Era completamente sfuggito dal suo controllo, ma d'altronde come poteva anche solo pensare di controllare un amico? Se voleva entrare, chi era lei per dirgli di limitarsi alla facciata del palazzo.
    ”Va bene... Scegli il posto e andiamo.” convenne infine, annuendo piano. In piedi, nel buio profondo dell'Orangery, venne colta da un improvviso e sconsiderato momento intimo. Armata fino ai denti, ripose la freccia all'interno della faretra e abbassò l'arco, usando il braccio libero per cingere il corpo di Will. L'abbraccio forte, decisamente più bassa di lui, appoggiando la guancia contro la sua spalla e il corpo contro il suo. La mano premette contro la sua schiena. Non era un tipo sentimentale e non aveva nulla da dire, ma quell'abbraccio era quanto di più caloroso c'era, per lei.
    ”Andiamo.” ripetè infine, staccandosi da lui e guardandosi nuovamente intorno alla ricerca della giusta strada.

    C'è un momento che devi decidere:
    o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé.

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    The Dark Lady

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    William Blake Wood » Ribelle
    Will sentì lo sguardo di Julia fissarsi su di lui, su ogni lembo della propria pelle, schiaffeggiata freddamente da quel continuo e fiducioso alitare del vento attorno a loro; non si mosse a sua volta, in attesa di vederne la reazione e cosa lei soprattutto gli avrebbe risposto o consigliato di fare. Con un sorriso leggero a incresparne la labbra, le sue gambe non cedettero, né tornò sui propri passi come con qualcun altro di diverso da lei si sarebbe ritrovato a dover fare. Ben consapevole che in un modo o nell'altro l’avrebbe convinta.. delle sue cattive buone intenzioni. E fu la scelta giusta, perché quando avvertì quegli occhi entrargli dentro di colpo, nel tentativo di riflettersi nei suoi e catturare la fiamma che li illuminava nel profondo, il suo sforzarsi di capirlo, di far sua quella speranza, per nulla posticcia o senza alcun costrutto, quello sguardo nocciola fiero e solido lo fece, sfiorando Will in quel suo caratteristico approccio che rendeva l'amica unica quanto lui. Così razionale e concreta, sicura e senza tentennamenti, ma con una fragilità di fondo che poche volte lei permetteva agli altri di afferrare e di comprendere; un insieme che in apparenza tanto sembrava stridere con la pazza creatività di Blake, ma che, invece, per chi li conosceva bene e anche per loro due, andava a completare i difetti e le virtù dell’altro, creando un ottimo e affiatato duo. Il ribelle per quanto disorientato e leggermente teso, inevitabilmente, da quelle parole che stavano per giungere, che forse avrebbero decretato - chi poteva saperlo in fondo - la fine di quell’avventura prima del suo stesso clamoroso inizio in grande stile, non tentò nemmeno di sviare quello sguardo, né abbassò gli occhi intimorito o spaventato o peggio imbarazzato, ma si immobilizzò anche lui, pronto a.. sperare con la stessa intensità e incapacità di fermarsi, di quella stessa brezza che continuava a scompigliare loro mantelli e i profili, immersi nelle ombre della notte incombente, che avrebbe fatto loro da silente sentinella ancora a lungo, a sperare a sua volta in lei e nel suo aiuto. Percepì quello stesso sguardo pizzicargli il viso e illuminarsi di rimando, accendendosi di una luce e di una voglia di cogliere il momento che scaldò il suo cuore, facendogli sentire Julia ancora più idealmente vicina a lui. Occhi negli occhi, due menti che tentavano di capirsi, due cuori che si volevano bene ormai come due vecchi amici. Come due fratelli di sangue. Non c’erano bisogno di parole o strani giuramenti, era la vita che li aveva resi in quel modo, fratelli, al di là della mancanza assoluta di legami di parentela. Will non aveva mai avuto la fortuna di avere una famiglia numerosa come avrebbe invece desiderato in alcuni momenti della sua vita. I genitori per quanto fossero restii ad affrontare un argomento del genere con lui, frenati oltre tutto dalla loro naturale inclinazione alla riservatezza e dal tentativo di proteggerlo da ogni possibile dolore nella più piccola occasione, dopo di Will non avevano più tentato di avere altri figli, anche a causa delle complicazioni che avevano accompagnato il venire al mondo del loro primogenito, e il ragazzo aveva quindi cercato di riempire quella mancanza, il vuoto di una presenza allo stesso tempo simile e differente da lui, ma comunque imprescindibile nella sua cerchia di affetti come solo un fratello poteva diventarlo, nella solita maniera: a modo suo. Prima tentando di trovare conforto in una solitudine piena dei preziosi insegnamenti da parte dei suoi familiari, nel curioso desiderio di conoscenza e nei tanti libri che il nonno gli aveva insegnato ad amare con così tanto trasporto e immaginazione, aprendosi al mondo, e poi in secondo momento anche alle persone, ai tanti amici che era riuscito ad avere accanto a sé, con i quali aveva condiviso le esperienze più importanti della sua vita, anche quelle più tragiche come il sopraggiungere della guerra e la morte di tanti di loro.
    Allora siamo d’accordo, facciamo sentire qualche bel spiffero ai Lancaster e facciamogli capire che chiudere semplicemente una finestra non basterà.. rispose Will di rimando con espressione sorniona, assottigliando lo sguardo e facendosi poi improvvisamente più serio e concentrato quando la magia di quel momento cessò, ma comunque visibilmente lieto e sollevato che lei si fosse sforzata di far sua quella missione e di aiutarlo a realizzare, anche fattivamente, un segno di speranza che rimanesse impresso per molto tempo in chi avrebbe voluto, dal canto loro, ridurli a delle bestie senza più nulla. Gli atti di resistenza non potevano nutrirsi del solo esclusivo uso violento della forza, questo lo sapevano entrambi, sebbene alcuni ribelli guardassero con sospetto certe iniziative che non avevano conseguenze immediate sulla loro difficile e sempre incerta situazione. Ma del resto senza idee o progetti alla base, senza le persone unite e connesse l’una con l’altra, con desideri e aspettative comuni che si sforzavano di non arrendersi o cedere alla disperazione, non sarebbero andati molto lontani, era la storia a dirlo, lo stesso passato degli uomini ad insegnarlo, e se quindi da una parte non si poteva prescindere dagli atti di sabotaggio, dalle ronde, dalle uccisioni, doveva esserci spazio anche per altro nelle loro vite. Per questo la speranza era aria. Per quel motivo era vita. Perché era quella la natura dell’uomo, ciò che lo aveva fatto sopravvivere così a lungo in un mondo ostile sotto diversi aspetti, appunto questo volersi costantemente spingersi oltre i limiti del consentito o di ciò che veniva imposto dall’esterno; gli uomini non erano fatti per essere degli schiavi, neanche in un mondo ormai dominato dai loro carnefici più crudeli. Alle volte bastava un semplice soffio di vento, altre volte un mormorio sommesso che avrebbe sparso per la città la notizia che c’era dopotutto ancora qualche pazzo coraggioso che si ostinava a resistere e che avrebbe continuato a combattere anche in futuro, ed altre ancora un segno sfrontato su una parete, che nella sua solitudine e nel suo essere così visibilmente fuori posto ad occhi, che non conoscevano il valore della fratellanza e dell’amore per il prossimo, avrebbe creato una prima crepa, la prima di tante.
    Si dentro, hai capito bene. Lo sai anche tu che non mi accontentò facilmente.. fidati di me.
    Rispose alla sua occhiataccia, con un’altra altrettanto profonda e limpida. Sapeva di stare chiedendole tanto, forse troppo. Entrare dentro a Kensington Palace era stato l’obiettivo principale di Will fin dall’inizio, aveva pensato molto a tutto quello che sarebbe potuto andare storto una volta che i loro piedi avrebbero preso possesso di quegli spazi così immensi e deserti, ed era, al di là della facciata di irresponsabilità che si portava dietro come una scia fastidiosa agli occhi dei molti dei suoi compagni, perfettamente consapevole dei rischi che potevano derivare da una scelta così azzardata, ma ormai vivevano ogni giorno nel timore e nella paura che potesse essere l’ultimo, che lo stesso ragazzo stava incominciando a non pensare troppo al futuro, deciso a concentrarsi sul presente, su ogni attimo. E c’era poi sempre che maledetta speranza che non ne voleva sapere di non ardere in lui. Ascoltò con vivo interesse Julia mentre parlava di suo padre, non erano molte le occasioni che persone come loro avevano per ricordare chi non c’era più, e non si trattava solo di pudore o del dolore che la loro perdita aveva causato in chi era sopravvissuto. Cicatrici difficilmente pronte a sparir via velocemente. Per quasi tutto loro, l’inizio della militanza nella ribellione era iniziata proprio a quel modo, perdendo qualcuno. Se la morte non fosse entrata prepotentemente nelle loro vite, loro sarebbero rimasti intrappolati nelle loro vecchie vite, forse non arrivando mai a incrociare i propri personali percorsi e sarebbero appartenuti a un’altra famiglia, non a quella dei Ribelli.
    I bei ricordi non può strapparceli nessuno, Ju.
    Le tirò un leggero pugno sulla spalla per farle capire che capiva cosa le avesse portato alla memoria quella domanda e che sarebbe stato lì se un giorno avesse voluto parlargli dei suoi genitori. Julia non era il tipo di persona che esponeva in pubblico i suoi sentimenti e le sue emozioni più intime e Will non era mai stato bravo con le reazioni imprevedibili delle ragazze, anche se erano delle sue ottime amiche ormai da tempo, ma in certe amicizie troppe parole erano solo in inutile orpello, i gesti sarebbero contati sempre di più. Quando arrivarono alla serra, tutta quella missione che li aspettava incominciò a diventare in un certo senso più reale e non solo più un folle piano messo in pratica da due ribelli che non erano altro che due ragazzi. Si era in qualche modo aspettato una tirata d’orecchie da parte di Julia, ma l’incursione di qualche giorno prima da parte sua nel palazzo era stata necessaria, per quanto la disciplina non fosse mai andata molto a genio a Will, se una regola fondamentale aveva imparato da Morren, era che quando vi era di mezzo la vita di qualcun altro, oltre la sua che dipendeva da lui, quella degli altri sarebbe dovuta venire sempre prima.
    Perché se non ti facessi preoccupare, non mi chiamerei William Wood!
    Tacque per un momento lanciandole una delle sue occhiate più scanzonate, per farle capire poi la reale ragione che lo aveva spinto a una scelta del genere. E poi non voglio farti rischiare più di quanto sia necessario.
    Will alzò le spalle verso l’alto come se volesse scrollarsi tutti i brutti pensieri via dalla testa, e quando il vetro della porta si infranse finalmente ebbero accesso all’Orangery e la prima parte del piano poteva dirsi pienamente svolta. Era solo l’inizio. Nella sacca vi era tutto il necessario per forzare probabili entrate sbarrate o chiuse, Will fece molta attenzione nel maneggiare la boccetta di liquido trasparente, ben sapendo quanto fosse preziosa e la cui preparazione non doveva essere stata affatto facile; ne sfiorò delicatamente l’involucro, allentando il tappo per annusarne il contenuto. Nessun odore. Perfetto era quello che aveva richiesto, l’olfatto dei vampiri era fin troppo sviluppato per non avvertire qualcosa di strano, e presto avrebbero scoperto se anche le altre sue proprietà sarebbero state utili allo scopo - non solo artistico - del ragazzo.
    Una specie di pittura, useremo questa per quello che avevo in mente. Senti...
    le fece segno di farsi più vicina e verificare lei stessa come fosse difficilmente identificarla, non almeno senza l’uso di altrettanta magia. Quando l’incanto sarebbe terminato, i colori della ribellione avrebbero preso ad ardere anche ad occhio umano, ma ormai sarebbe stato troppo tardi per occultarli alla vista. Si perché quello era un composto preparato da una strega e supponendo che Julia avrebbe avanzato qualche proposta in proposito, Will fu lesto a non perdersi in troppe parole di spiegazione.
    E’ anche incolore, non si vedrà che una macchia su un vecchio muro, ma poi all’improvviso il vento tornerà a soffiare..
    Questa volta il sorrise che Will le rivolse fu molto più ispirato dei precedenti, quasi che si prefigurasse l’orrore e la rabbia dipinta nei volti boriosi di un branco di vampiri che non avrebbe compreso, se non all’ultimo, cosa stava succedendo. Il tutto era sviare l’attenzione il tempo necessario e creare una posticcia atmosfera di calma, far sentire gli immortali ancora più intoccabili, e colpirli quando meno se lo aspettavano e con delle armi, poco convenzionali, in quel caso. Sarebbe stato un bello spettacolo da osservare, ma se mai avesse avuto il coraggio di compiere una tale pazzia, probabilmente quella volta non sarebbe uscito vivo da lì. E lui non aveva nessuna intenzione di smettere di combattere.
    Ho già scelto il posto in realtà, ma vorrei un tuo parere in proposito, ho segnato all'incirca il percorso come arrivarsi sulla mappa che ti ho dato pr..
    Will non fece in tempo a finire la frase che Julia l’abbracciò. Fu qualcosa di totalmente imprevedibile, di così strano e irrazionale, di talmente spontaneo che non riuscì a dire nulla. Forse perché non ce n’era nemmeno bisogno
    Ci volle un lungo momento a Will per comprendere cosa stesse succedendo, deglutì imbarazzato, probabilmente lei avrebbe scorto il rossore che gli aveva avvampato di colpo il viso, ma la lasciò fare, cogliendo con il suo orecchio da musicista la nenia delicata del cuore di lei a un passo dal suo. Un altro avrebbe forse ricambiato anche con maggiore forza quell’abbraccio, altri avrebbero approfittato del momento, ma lui vedeva Julia ormai come una sorella. Le sfiorò le dita della mano della libera e quando si staccò dal suo corpo lasciando una tenue scia del suo odore e di quel momento di vibrante affetto e unione, le strinse la mano con maggiore forza, quasi con impeto, per poi mollare la presa e guardandola prendere di nuovo l’iniziativa, diretta verso il palazzo, dandogli le spalle per guardarsi attorno alla ricerca della giusta via da prendere.
    Harrison, tieni è per te!
    Will l’apostrofò con il suo cognome, proprio quando voleva prenderla in giro o fosse colto invece da uno dei suoi momenti di serietà, che per quanto pochi, toccavano anche lui. Frugandosi nelle tasche del mantello, le lanciò una piccola ocarina di un rosso scarlatto. Aveva una forma particolare, più lunga di quelle normali, e soprattutto nascondeva al suo interno una lama affilata di circa due dita, che poteva essere occultata in caso qualcuno avesse avuto l’idea di perquisire la persona che la portava indosso. Non aveva nulla di speciale, se non appunto la praticità, e per questo che Will quando l’aveva vista a Camden Town aveva subito pensato a lei. Se lui era la musica che sorgeva dai posti più impensabili, suscitando speranza e buon umore, lei era la lama tagliente, che dava forza e colpiva letale quanto un braccio che brandiva una pistola. Tossicchiò ancora in preda all’imbarazzo e si affiancò di nuovo al seguito di lei, non prima di scoccarle un’ultima occhiata timida e apparentemente persa nei suoi pensieri.
    E comunque dovresti mangiare di più, soldato. Sei pelle e ossa..
    Will rise, mentre una nube lasciò libera da sé un pezzo di luna, un cui raggio catturò la luce nello sguardo del ragazzo, risplendendo come una stella di un verde lunare.

    Dopo aver effettuato qualche giro intorno al perimetro del palazzo per scorgere eventuali punti in cui si sarebbero potuti arrampicare, dovettero desistere e optare per forzare una delle porte delle cucine che davano su un cortile interno. Will si ricordava abbastanza frammentariamente quei locali, troppa gente e confusione e la necessità di non suscitare troppi sospetti con domande indiscrete ed eccessivamente curiose il giorno che vi era capitato. La mappa che si era procurato e che aveva affidato a Julia sarebbe stata fondamentale e avrebbe potuto fornire loro qualche indicazione in più; lo sperava, non avevano abbastanza tempo per perdersi, il posto che il ragazzo aveva identificato e che sarebbe stato perfetto per quell'impresa, si trovava in una piccola sala al primo piano di Kensington Palace.
    Le cucine sono di lì, appena sulla sinistra, dopo il muro e la canna fumaria.
    E lì li trovarono. Tentò di vedere se l’uscio più piccolo non fosse stata chiuso poche ore prima, ma anche lì la fortuna non fu benevola, quindi dovette recuperare il ferro dalla sacca e forzarlo. I cardini cigolarono con un scricchiolio sinistro, ma dopo qualche tentativo, il portone si schiuse il tanto necessario per farli passare al suo interno. Il cucinino era immerso nella penombra, avvolto in una quiete innaturale per quei locali di solito così rumorosi e frenetici, Will attento a dove i suoi piedi poggiassero, si diresse verso il focolare e con esperienza rinfocolò le ceneri del grande camino che veniva usato in parte per cucinare e in parte per riscaldarsi, per permettere a Julia di muoversi con più facilità, perché nessuno dei sue si sarebbe mosso se prima non avessero avuto la certezza che non ci fosse nessuno che li avesse visti arrivare o intrufolarsi nel palazzo. Ci dovrebbe essere in giro qualche lampada in giro, guarda su qualche mensola..
    le suggerì Will mentre piegato sulle ginocchia, soffiava sulle ceneri, finendo per impolverarsi da capo a piedi. Un pezzo di carbone attirò il suo sguardo. Ne tastò la consistenza e la friabilità, illuminandosi di un sorriso che faceva intendere che aveva appena avuto un’altra idea delle sue. Will sogghignò, la faccia in penombra: Julia quella volta l’avrebbe trascinato fuori a calci da palazzo, quindi avrebbe dovuto trovare anche il giusto modo per fargli capire la natura del diversivo che aveva in mente. Si rialzò, pulendosi il mantello dalla cenere e la cercò con lo sguardo, infilandosi nel contempo qualche manciata di carbone all’interno di una tasca dei pantaloni.
    Questo.. enunciò in tono enfatico rivolto verso di lei e ponendo di fronte al suo sguardo di cacciatrice esperta un minuscolo frammento di carbone ancora caldo.
    Sarà il nostro cavallo di Troia. Il mezzo per ottenere lo scopo finale.
    Con il palmo della mano girato verso l’esterno, tracciò alcune linee sulla propria pelle, e mentre dalle dita di Blake rinasceva l’abbozzo di una fenice, una domanda fuoriuscì dalla bocca del ragazzo.
    Come te la cavi a disegnare con gessi e carboncini?


    The answer,
    my friend,
    is blowin' in the wind.

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    Julia Harrison » Umana/Ribelle
    Il vento soffiava e il buio della sera ci guardava lanciarci verso l'apoteosi della follia. Ma che splendida follia. Carica di forza e speranza, l'urlo di gioia e il colpo dritto al petto, ecco dove io e Will li avremmo colpiti. Dritti nell'orgoglio, lì dove i succhiasangue si sentivano intoccabili, inviolabili. Ci saremmo spinti fino al limite e lì, nel cuore della loro arrogante serenità, avremmo scagliato il nostro nobile attacco. Mi sentivo forte, mi sentivo folle e libera. Mi sentivo a casa. Era come se mio padre fosse con me, la presenza di Will mi inebriava di una strana sensazione, qualcosa di tremendamente familiare. Lo sentivo al mio fianco, il mio sguardo sfiorava il suo corpo, i miei occhi scivolavano nei suoi e provavo una sensazione calda e avvolgente simile a quella delle mie prime missioni quando mi muovevo al fianco della mia famiglia. I miei genitori mi proteggevano e non importava da quale lato i nemici sarebbero arrivati, accanto a me avevo la miglior protezione e forza del mondo. Un arco, delle frecce e la forza d'animo dei miei affetti. E mi sentivo completa. Sì, forse tutte le volte che soffrivo la condizione da ribelle placavo soltanto il mio animo da guerriera. Io ero nata per combattere, io vivevo nell'azione e nel rischio, nel caos e nella lotta. Adesso provavo la solita ebbrezza delle missioni, ma c'era qualcosa di diverso ed era il contribuito artistico e il messaggio che Will voleva trasmettere. Dovevo ammetterlo, la sua idea era stata geniale. Fosse stato per me avrei riempito il luogo di trappole e avrei atteso che fosse pieno zeppo di succhiasangue per farle scattare tutte e ridurli in cenere, ma Will aveva avuto un'idea migliore, non solo più realizzabile, ma anche più profonda, più in linea con il messaggio di pace che volevo lasciare a tutti.
    Non avevo mai trovato Will realmente portato per quel tipo di azione, anzi spesso e volentieri mi era sembrato persino un tipo imbranato, tuttavia mi stava dimostrando di essere fatto di tutt'altra pasta. Non era il classico eroe tutto muscoli e agilità, ma era forte, era solido, non dovevo preoccuparmi per lui, ma per noi. Eravamo un duo, una squadra. Forse anche mio padre doveva essersi sentito così le prime volte che mi aveva chiesto di catturare dei nemici, la paura sottile che mi facessi male, ma infine la stima e la fiducia nel vedermi muovere come lui mi aveva insegnato. A Will non avevo insegnato io cosa fare, ma gli avevo dato qualche dritta perché mai, mai, avrei voluto che qualcuno di quei mostri me lo portasse via. E lui si stava dimostrando più capace, più bravo, più caparbio di quanto potevo mai sperare. Un sorriso illuminò il mio volto, dolce e delicato, oscurato dalla notte, ma assolutamente sincero. Mi sentivo in pace. Stavo correndo un enorme rischio, ma con Will al mio fianco mi sentivo davvero serena. Ero sempre stata una cacciatrice, ma adesso ero anche una ribelle e mi sentivo a mio agio. Era quella la mia strada. Combattere, creare, sperare. Avere lui al mio fianco.
    Non stavo bene, probabilmente non sarei mai stata davvero bene dopo aver visto sterminare la mia famiglia, ma in qualche modo lui mi sollevava l'umore. Mi rendeva più forte. Mi consentiva di avere un appoggio, un solido braccio sul quale contare e io sarei stata lo stesso per lui, ora e sempre. I suoi occhi erano uno spicchio di mare verde, limpidi, ma soprattutto intensi. Nel buio non potevo scorgere l'esatta tonalità del suo verde, ma mi resi conto di conoscerla ormai a memoria. Quando quel momento solo nostro cessò, avvertii una sottile delusione che venne soppiantata, in breve, dalla cieca fiducia che nutriva in noi due. Non mi occorreva continuare ad avere il suo sguardo intrecciato al mio per averlo con me, lui era sempre con me. Ora dovevamo solo uscire fuori i nostri artigli migliori.
    Parlare con Will di mio padre fu qualcosa di terribilmente spontaneo e naturale. Parlare di famiglia con altra famiglia, era una cosa che si faceva spesso. E riuscii persino a sorridere, in modo del tutto sincero, quando lui mi rassicurò sull'eternità dei miei ricordi. Erano miei, solo miei.
    “E nessuno mi strapperà questo momento.”
    Risposi d'istinto, prendendo un profondo respiro. Potevo sembrare folle a considerare quella missione un bel momento, ma dal mio punto di vista lo era realmente ed ero certa che Will potesse capire. Mi stavo muovendo per fare del bene, non del male. E oggigiorno, per me, era una cosa rara. Mi consideravo una persona buona e nobili erano i miei propositi, ma letale era la mia mano. Le mie vittime erano bestie, lo sapevo, ne ero cosciente e avrei continuato così per sempre, ma la leggerezza di dover solo imbrattare dei muri mi sollevava l'animo per una volta. Non dovevo colpire, dovevo disegnare. Ed era pace per me. E poi c'era la mia complicità con Will. Non sapevo se ne saremmo usciti vivi, non ne ero sicurissima, ma trovarci sulla stessa lunghezza d'onda per due persone diverse come noi era bellissimo e mi piaceva da matti.
    Sentii il pugno, leggero, di Will contro la mai spalla e sorrisi maggiormente. Fosse stato qualcun altro gli avrei spezzato le dita una per una, ma lui mi stava trasmettendo un messaggio, ne ero certa. Doveva essere la sua disponibilità ad ascoltarmi, la sua vicinanza alle mie sensazioni più intime, ai miei ricordi più segreti. Lui era lì per me. Ma questo, era chiaro, non lo avrebbe risparmiato da un rimprovero per i rischi corsi! Lo rimproverai, ma non come faceva una madre con un figlio o un erudito con uno sciocco, lo rimproverai come un'amica e collega in ansia.
    “Will. La tua idea mi piace. Dico davvero, non sono qui per farti felice o per farti un favore, sono qui perché ci credo. È vero, pensavo che ci saremmo limitati all'esterno, ma cosa cambia? Questo non è il primo posto in cui mi intrufolo di nascosto e non sarà nemmeno l'ultimo... Ed è vero, io non avrei mai pensato nulla del genere e probabilmente preferirei avere mille trappole da piazzare lungo tutto il palazzo per poi farle scattare su quelle bestie quando saranno tutte riunite qui, ma la lotta non dev'essere mai cieca e priva di luce. Dev'esserci un messaggio, una speranza, una fine da intravedere. E io voglio che tutti la vedano... Voglio che gli umani resi schiavi, quelli che saranno qui a servire sangue come sacche umane, vedano che noi possiamo arrivare fino a loro, che i loro capi non sono invincibili, che noi possiamo salvarli. Che loro possono salvarsi. Voglio che vedano la speranza e la luce e voglio vederli anch'io... Quindi non dire che io rischio per te perché non è vero, io rischio per qualcosa in cui credo. Ed è merito tuo.”
    Le parole uscirono dalla mia bocca sicure e decise, intrise di una risolutezza che vibrava nei miei occhi. C'era cieca fiducia in William, ma adesso ero anche pragmatica, pronta a rischiare, a dare il tutto per tutto. Non mi cullavo più nello sguardo di Will, i miei sensi erano tesi verso altre persone, verso nuovi pericoli. Avevo una missione da compiere.
    All'interno della Orangery mi avvicinai alla boccetta che lui teneva fra le mani. Con curiosità e, lo ammetto, un pizzico di perplessità, la osservai e quando avvicinai il naso non sentii nulla. Lui mi spiegò la magia della del liquido e io sgranai gli occhi: inodore e incolore per un breve periodo, quel tanto che occorreva per farlo passare inosservato inizialmente e farlo esplodere di luce nel momento migliore.
    “È perfetto.”
    Osservai, annuendo sentitamente. Sollevai il mento dalla mano di Will al suo volto e vidi il suo sorriso vibrare d'ispirazione. La frenesia dello scontro, seppur solo a livello di ideali, stava inebriando anche lui. Lo vidi simile a me, lo sentii vicino. Aveva programmato tantissime cose e non aveva più l'aspetto impacciato e imbranato delle prime volte in cui gli avevo parlato, adesso era un ragazzo alto, gli occhi chiarissimi, la mente sempre più acuta. Avvicinarmi a lui fu spontaneo, abbracciarlo per me fu il culmine di una miriade di pensieri che mi infestavano la testa già da molto tempo. Lui tornò il ragazzetto impacciato che avevo imparato a conoscere, la sua presa non fu forte, non fu salda, un solo tocco leggero e delicato che mi fece comprendere, ancora di più, quanto fosse giovane. Mi scostai da lui e non soffermai lo sguardo su di lui, di certo era arrossito, magari a disagio, non volevo deconcentrarlo. Quando mi voltai per andarmene, per liberarlo dall'imbarazzo, muovendomi già verso la nostra missione, sentii la sua voce richiamarmi. Mi voltai di scatto e lo vidi frugarsi le tasche e poi lanciarmi qualcosa. Presi l'oggetto al volo e tolsi l'ocarina rossa per scorgere il suo interno. Sgranai gli occhi quando vidi una lama, una nuova lama. Per me le armi erano importantissime. Non perché fossi una psicopatica, ma perché erano la mia possibilità di sopravvivenza. Meglio combattevo, più sopravvivevo. In famiglia avevo a disposizione qualsiasi tipo di arma ed era così che avevo imparato a lottare egregiamente, adesso invece dovevo spesso arrangiarmi e accontentarmi dei pochi oggetti che ero riuscita a salvare da casa mia. L'arma rappresentava il mio lasciapassare per la vita, ci tenevo tantissimo. Non riuscivo a sentirmi al sicuro senza, era vitale per me. Fondamentale.
    “Will...” Il mio fu un sussurro basso e sorpreso. Ero attonita, sorpresa, ero felice. Quella lama era facilmente occultabile, persino fra i capelli poteva apparire un semplice fermaglio. “...Se metto una pietra preziosa alla base potrei portarla come fermacapelli.” ipotizzai, pregustando la furbizia. Per il momento non ebbi problemi a metterla contro il fianco, senza che alcun rigonfiamento fosse visibile. Fantastico.
    Evitai di guardarlo negli occhi, ero fin troppo grata e coinvolta dal momento, e non potevo superare il limite che mi avrebbe portata a deconcentrarmi. No, dovevo rimanere lucida e sveglia, avrei ringraziato per bene Will rimanendo viva insieme a lui durante questa follia.
    “Grazie. Ora però muoviti!” Anche se scherzavo, la mia voce bisbigliata per via della segretezza dell'operazione assunse una sfumatura poco ironica. Sperai che Will capisse, e forse lui capì. Commentò qualcosa sulla mia magrezza e rise mentre io gli lanciavo un'occhiata in tralice, un'occhiata torva.
    “Se usciamo vivi da qui ti strozzo... E poi mangio te. Così vedi se ingrasso...”

    La risata di Will all'uscita dell'Orangery fu l'ultima che io sentii per un po' di tempo. La perlustrazione del Palazzo ci tolse il buon umore e fece tornare la tensione per quanto stavamo facendo. Studiai la mappa a lungo, cercando ovviamente di non perdere tempo, ma sforzandomi di memorizzare almeno la direzione delle vie di fuga. La via di fuga era fondamentale.
    Ci recammo nelle cucine e forzata la porta, la sistemai per quanto possibile. Diedi un colpo alla serratura in modo che scattasse ugualmente la chiusura e, una volta riaperta, apparisse rotta sul momento, non precedentemente. La lasciai chiusa alle nostre spalle per evitare che qualcuno potesse, magari, scorgere qualcosa fuori posto. D'altronde dall'interno si apriva regolarmente e non avremmo avuto problemi.
    Sentii il mio stomaco brontolare all'interno delle cucine, ricordando il sapore del vero cibo gustoso, di vera carne, vere patate, vero pane caldo, zuppe che non fossero annacquate. Dio, mi mancava la mia vita alla luce del sole. Scacciando i morsi della fame e ascoltando invece l'indicazione di Will andai a cercare le lampade, utilizzando uno dei miei fiammiferi per accendere una fiammella protetta dal vetro tutt'intorno.
    “Dobbiamo usarla. L'interno è troppo buio, non è possibile per noi muoverci senza farci luce. Tanto se ci sono vampiri o licantropi come guardie sentiranno il nostro odore prima di vedere un qualsiasi luce...” dissi, sollevando la mano con la fiamma per illuminare il volto di Will. Aveva un'espressione intrigata, il che significava... Guai. Aveva trovato qualcosa, ma cosa? Carbone? Ascoltai la sua ultima domanda, storcendo le labbra in un'espressione esasperata.
    “Ti sembro forse un'artista? Non ho mai fatto nulla del genere...” risposi, sospirando rumorosamente. Eravamo nel mondo di Will, ma io non ero talentuosa in nessuna arte, non ero molto femminile in questo, dovevo ammetterlo. Non sapevo cucire, disegnare, suonare... Non ero neppure una grande oratrice. Sapevo solo combattere. Scossi il capo e non dissi nulla per un momento, certa che Will mi avrebbe spiegato in preda all'entusiasmo al sua nuova e – ne ero sicurissima – pericolosa idea.
    “Vuoi lasciare un diversivo? Dimmi cosa ti passa per la tua eclettica e malsana testolina...” domandai, con l'aria da guastafeste, mentre studiavo sulla mappa il percorso più rapido per addentrarmi all'interno del palazzo. Abbassai lì lo sguardo perché volevo memorizzare tutto e volevo farlo bene. D'altronde, era chiaro, avevamo una missione da compiere. E io mi sarei impegnata con tutte le mie forze per riuscirci.

    C'è un momento che devi decidere:
    o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé.

    « swän » code esclusivo del London gdr. Non usare senza il mio permesso.

     
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    William Blake Wood » Ribelle
    “La verità è fuoco e parlare di verità significa illuminare e bruciare”

    Una tavolozza informe e amorfa di colori, le setole grezze di un pennello che si inzaccheravano in un caos di pigmenti e odori appartenenti ad un altro modo, quello del non visibile, dell'immaginazione fusa all'atto della creazione mentale, dell'intuizione e dell'esperienza che precede in un attimo il colpo di genio. E poi dopo quell'apparente caos, lo schiumare arrembante di tonalità soffuse, i sottotoni appariscenti, i gradienti mal tollerati, ma tuttavia necessari per dare profondità, a introdurre lentamente il concetto stesso di prospettiva e infine, aggiunti gli inutili ritocchi da parte dell'artista, spettatore di se stesso e della sua arte e dei suoi visibili messaggi e di quelli ancora più provocatori racchiusi dentro involucri di linee visibili e simboli arcani, il quadro sembrava prendere vita, perché era esso stesso frammento di verità, istantanea che trasudava sentimento di esistenze che non erano più, ma il cui ricordo era lì reso immortale, anche a chi non era che fatto di polvere e terra ormai. La luce irrompeva prepotente come una fenice risorta dalle sue ceneri, quella fiamma di essenza vitale ma immortale che non si poteva non percepire e che la mano di un umano troppo umano aveva impresso dentro quei semplici ingredienti, come marchio indistinguibile di una ricetta dal languore particolare, visibile nei sapienti tocchi con un carboncino ormai consumato e scheggiato, nella particolare andatura della pennellata, nel suo picchiettare convulso su un vecchio muro e nel suo giocare con le ombre.
    Le velature della notte avevano sfiorato senza mai farli loro un piccolo drappello di uomini, l'oscurità aveva protetto con il suo drappo nero quelle persone dai volti nascosti, ma dall'identità e valori che erano rimasti saldi e luminosi in quegli ultimi mesi di buio e disperato oblio. Tre uomini, uno accanto all'altro, saldi nella loro immobilità, chi di guardia, chi in somma contemplazione, e un ragazzo, da solo, preda del movimento, intrappolato nel suo sogno; quel donare luce e speranza che era diventato con il tempo uno dei pochi irrinunciabili capisaldi che lo convincevano che valesse ancora la pena di lottare, di non arrendersi ai mostri delle tenebre. Dipingeva il futuro l'enigmatico Blake di Chiswick e non erano i mostri i suoi soggetti principali, come qualcuno avrebbe potuto pensare in un primo momento, ma per una volta erano le loro vittime, i nuovi reietti, la loro dignità e la loro bramosia di rialzarsi dipinta negli occhi lucenti. Dalle sue dite leggere e ispirate prendeva vita il palesarsi di un'idea, di un messaggio di tigri dedite alla lotta e resistenza, l'accenno di un volto innocente, le zanne feroci di una bestia immonda e silente, ma mai doma, e forse un giorno la coscienza di un qualsiasi nessuno, scossa da quei scarabocchi senza alcun valore accademico e senza averne la pretesa di palesarsi agli altri come tale, ne avrebbe potuto trarne uno stimolo? Un rimorso? O la caduta finale.
    E' pericoloso rimanere qui, qualcuno potrebbe vederci, loro potrebbero..
    Era stato il più basso e tarchiato dei tre a rompere quel silenzio teso, la paura e il poco coraggio a sporcare quelle poche sillabe pronunciate a denti stretti, da chi ormai non si sente che un topo in trappola, mancando di un'audacia propria di un animo giovane portato alla speranza.
    Tieni gli occhi fissi sulla strada e chiudi la bocca allora, sempre se ne sei capace Fred..
    L'uomo dalla pelle giallognola e dagli occhi iracondi gli fece segno di tacere e con un cenno gli indicò l'altro loro compagno, oltre al pittore, che a differenza di loro due, stava guardando davanti a sè, ignorandoli, ma perfettamente consapevole delle presenze attorno a lui. Il naso rotto ne ingrezziva il profilo, altrimenti elegante e da uomo istruito, gli occhi ammaliati dalla lotta, il corpo ricoperto da cicatrici visibili e altre ancora più dolorose perché toccavano parti che nessuno vorrebbe mai mostrare, tutto in quello dal volto austero e maturo trasudava autorevolezza e diritto al comando.
    Ce ne andremo quando il ragazzo avrà finito. Non prima.
    Parole concise, un gutturale accento del Galles e una tangibile freddezza senza possibilità di replica, tanto bastò per far tornare la calma, con il silenzio squarciato e stuzzicato tuttavia da quel continuo grattare stonato su un muro desolato, scorcio e simbolo esso stesso dell'umanità. Lo schizzo prendeva forma, lentamente e faticosamente come il bozzolo di una crisalide, e il ragazzo con le dita imbrattate dei colori della sua anima e del suo buon cuore, sapeva perfettamente che un giorno ne avrebbe condiviso lo stesso medesimo caduco destino. Il tempo di posarsi nei cuori di chi con lo sguardo avrebbe catturato con sempre più malcelata sorpresa e con lo sguardo impaurito, il vorticare di colori ed emozioni espresse in ogni pennellata, e la farfalla, così come lo schizzo, sarebbero stati risucchiati di nuovo dalle tenebre e da ciò che si nascondeva dietro di esse, destinati ad essere immortali nel ricordo, quanto mortali al tempo incessante. Facce, nomi, alcuni sconosciuti, altri impossibili da ignorare o affidare all'ignavia dell'oblio, memorie di un tempo passato che non poteva essere cancellato e tanto meno calpestato dalle bestie, da quei mostri dai lineamenti affascinanti, ma distorti, sbeffeggiati nel loro atteggiarsi a nuovi padroni di una società, che li aveva sempre respinti e cacciati, resi forti ma anche mostruosi da quel desiderio di sangue che li avrebbero fatti soffocare, e a tempo debito fatto percepire tutto l'orrore in cui avevano costretto il loro mondo. E in ogni angolo di quel vecchio e cadente muro, i nomi, impossibili da ignorare, di chi aveva deciso di continuare a lottare, di non arrendersi al buio e all'abisso di chi invece non era che intenzionato a bruciare ogni cosa, anche la speranza. Vergati con rispetto, con un colore niveo che aveva perso da tempo la purezza fanciullesca di una nevicata di fine inverno, ma era stato scelto proprio in virtù della sua carica dirompente, esplosiva e rivoluzionaria.
    Fare arte con il bianco.
    Per un artista non ci poteva essere scelta più ardita, e questo valeva soprattutto per un pittore e diveniva ancora più temerario dell'incidere quelle lettere così importanti, con l'inchiostro color rubino delle proprie vene, il sangue di chi ancora lottava e non aveva ceduto alla vigliaccheria di una vita senza onore e ricordi. Perché il bianco era l'assenza totale di colori o al tempo stesso la loro unione imparziale. Il ragazzo con le mani indolenzite e gli occhi stanchi si apprestò ad incidere l'ultimo nome, quello più difficile, perché apparteneva alla sua di memoria, e lasciarlo andare, vederlo lì perfettamente visibile, su un muro accanto a quello di centinaia di altre persone, avrebbe reso la sua perdita ancora più sfiancante di quanto era stato resistere e rimanere se stesso nel lottare quotidiano. Una mano rugosa si poggiò sulle sue spalle ricurve, a dargli la forza necessaria per completare quelle ultime lettere, poche dita fragili e malmesse che rimasero sulla schiena, a tenerlo saldo come solo un parente affettuoso, un fratello, un amico, un compagno di resistenza, avrebbe fatto. Perché era stato il tempo audace Fred di Barbery Street a farsi avanti, a riconoscere fra quei nomi incisi alla rinfusa quello dell'amato figlio perso e mai più abbracciato, e quel passo in avanti, quella mano protesa in avanti a incontrare le incertezze altrui, era sufficiente per degli uomini provati dalla lotta e dal dolore, più dei tanti dubbi e perplessità espressi in precedenza.
    Porta il tuo stesso nome, ragazzo.. è stato per caso il tuo maestro, quello che ti ha insegnato a dipingere tutto questo? Dimmi è così? Ho bisogno di saperlo. Di non dimenticare.
    E' sempre stato molto di più di questo. Lui era mio nonno.
    Il nome di William Gerard Wood emerse per un momento dal proprio oblio e accarezzò silenziosamente l'udito di quel ragazzo che tutti fra i ribelli e in città avrebbero conosciuto semplicemente come Blake, e per quel breve istante lo spirito di chi non c'era più vibrò alla pari di una superba fenice, che rinasceva dai sogni e dalle speranze di chi se n'era andato da tempo, ma alla resa dei conti non del tutto, lasciando una traccia indelebile in altrettanti occhi ardenti e desiderosi di verità e giustizia.


    [color=blue] Julia, tu ai miei occhi sei molto più di un'artista..
    e quella candida sicurezza del ragazzo, non venne macchiata per una volta dall'incertezza di dire troppo o troppo poco, ma venne inghiottita dal silenzio che li circondava rendendo certe parole più profonde di altre dette in precedenza. Lo sguardo limpido di Will venne accecato dalla luce traballante del lume, confondendosi con le fiamme della candela, vedendo in quel tenue candore protetto da un fragile vetro, una mesta metafora dei cuori sempre meno speranzosi degli umani verso il loro destino. Sarebbe bastato così poco per soffocare quell'unica piccola e insignificante fiammella, eppure quel fuoco non si arrendeva, combatteva, bruciava se stesso pur di continuare a illuminare, a dispetto della loro condizione di costante pericolo, dando loro una direzione, un senso, alle vite spezzate di molti. Il ragazzo allungò un dito e sfiorò il vetro ricurvo della lampada e si impresse bene nella mente quella sensazione di calore che corse come un brivido a fior di pelle nelle dita stranamente deste, assorte e rispettose di quel momento di ispirazione. Poi lasciò la presa, più convinto che mai ad addentrarsi dentro Kensington Palace.
    Lo prendo come un si, dunque.. Will con un sorriso calmo ignorò palesemente l'espressione esasperata della compagna, leggendo come suo solito tra le riga di quella risposta irruenta, e rigirando tutto ciò che avevano fatto per arrivare fin lì, a suo favore. Osservò l'immagine distorta di lei attraverso i fili di luce che vorticavano intorno a loro, la fronte aggrottata e china sulla mappa, la mente già pronta a dare manforte all'azione. Julia aveva avuto la possibilità di andarsene, di far cambiare idea a Will, di convincerlo a limitarsi a qualcosa di meno pericoloso. Lui l'avrebbe ascoltata, come faceva sempre, anche se il ribelle sembrava essere costantemente perso nel suo modo e in quel modo di fare allo stesso tempo semplice e visionario, l'opinione della ribelle aveva acquistato sempre più peso nel tempo, donandogli una prospettiva maggiormente realistica e pragmatica che a Blake era sempre decisamente mancata. Invece lei, come pochi altri avevano fatto in passato, come qualcuno un tempo aveva capito l'importanza di un singolo nome vergato di bianco su un muro pieno di sorrisi monchi e lasciati li a morire e a perdersi nel tempo, le aveva dimostrato ancora una volta quanto credesse nell'amico, l'aveva ascoltato, non assecondandolo, ma decidendo di prendere parte insieme, a dispetto delle occhiatacce e della poca fiducia in se stessa e nel vedersi esclusivamente come una semplice combattente. Will le avrebbe dimostrato quanto Julia in questo si sbagliasse o meglio quanto una persona potesse dare al mondo, ricevendone altrettanto. E lui, anzi loro, avrebbero dato forma e immagine alla fenice insieme, dando fuoco alla speranza non solo per gli altri, ma anche per continuare a vedere quella luce, in tanto buio, soprattutto dentro di loro.
    Si avvicinò a lei e con un rapido sguardo alla mappa, le indicò un punto preciso dove si sarebbero diretti.
    Del diversivo mi occuperò io, un po' di carboncino basterà allo scopo, non ci metterò molto e sarà semplicemente un piccolo schizzo dei miei per sviare l'attenzione sul vero cuore della nostra missione. Nulla di troppo pericoloso, tranquilla.
    Per un momento gli occhi di Will si persero nel buio che li attanagliava da ogni direzione, quasi a voler sfuggire a un eventuale esame indagatorio della compagna, che non si sarebbe fatta convincere facilmente da quelle parole fin troppo circoscritte e sibilline per gli standard abituali del ribelle, fermandosi ad ascoltare eventuali rumori sospetti. Il suo udito di umano non percepì che silenzio, desta memoria di un palazzo dal passato illustre, ma ormai morto come i suoi attuali frequentatori. Will sospirò, per poi gettare fuori quello che aveva in mente da tempo. La sua voce si racchiuse in un sussurro. Al vero cuore della nostra missione ci penserai tu. Non ci può essere persona più giusta di te a farlo, credimi e abbi fiducia nella tua capacità di stupire il mondo e gli altri intorno a te. Con il mio aiuto e un pizzico di magia, faremo risorgere la speranza Juls. Doneremo un po' di luce a tutti coloro che sono costretti a lavorare come schiavi per i loro carnefici, a chi ha perso tutto nella guerra, un fratello, un amico, un padre, e a chi a quella luce non ha mai creduto veramente o semplicemente non si è mai reso conto che essa fa parte, in modo imprescindibile, della natura umana. Sono state le tue parole ad ispirarmi, quindi non può essere altrimenti.
    Will fece un ultima piccola pausa, per arrivare a toccare, seppur con un'ombra di timidezza e imbarazzo nella voce, un punto cruciale.
    Si scostò un poco da lei e la guardò di sfuggita, le dita ancora sporche di cenere ricominciarono a muoversi senza sosta come guidate da una melodia tutta loro. Non si era mai ritenuto granché bravo con le parole, il proprio tono non ispirava né carisma né autorità, ma forse in definitiva solo partecipazione all'essenza profonda di chi gli toccava il cuore. Il vecchio rintocco di un orologio ancora funzionante in un palazzo di esseri eterni li sorprese, infrangendo quell'atmosfera cupa, e propagando quelle poche note solenni in ogni angolo assopito della casa, ricordò loro che il tempo andava avanti anche lì, dovevano sbrigarsi, mancavano solo poche ore all'alba e alle prime ronde, dunque Will si decise a rompere gli indugi.
    Mi darai la possibilità di dimostrarti quanto gli altri abbiano fiducia in te, in quanto persona, come essere umano e di come tu possa essere abile non solo come guerriera e di mostrarti.. come io ti vedo?

    Un sorriso sghembo colorì il volto in ombra del ribelle, tornando ad accendersi del suo caratteristico buon umore ed entusiasmo coinvolgente. Anche la sua voce si fece di un tono più alta, riacquistando la naturale musicalità e vivacità.
    Oltre a indicarmi naturalmente la via meno lunga per arrivare sani e salvi al primo piano, le mappe sono state sempre un vero rebus per me. Vorrei evitare che una volta tornati al covo, Morren mi rompa l'osso del collo per il solo motivo di essermi perso in qualche sgabuzzino.. O per aver perso te, una delle sue più abili combattenti.
    Aggiunse in tono cospiratorio.
    Tu avanti con la lampada e io a coprirti le spalle, che ne dici Harrison? Sei pronta a perderti con me.. ehm volevo dire a condurmi fino alla nostra prossima destinazione? Will tornò a scherzare, imitando con scarsi risultati il cipiglio serioso e autorevole di David, che tanto ammirava e aveva dato ai ribelli dopo la disfatta del padre, smorzando così quel momento decisivo con una delle sue allegre provocazioni. Con il rischio che di fronte a quelle lusinghe all'apparenza esagerate, Julia non ci avrebbe pensato un attimo a picchiarlo per fargli tornare un po' di sale in zucca. Del buon senso non avrebbe certo fatto del tutto male alla sua persona, dopotutto. Lo sguardo di Blake rimase però stranamente concentrato, il corpo pronto a scattare se Julia avesse acconsentito alle sue richieste. E quando i loro passi si mossero a sfidare l'oscurità, le loro figure non furono che nuove ombre in quella casa troppo grande e troppo silenziosa per essere completamente sicura.

    La sala del concerto si trovava nell'ala ovest di Kensington Palace, accanto a una biblioteca di testi antichi, per lo più risalenti al Medioevo e al Rinascimento e proprio di fronte alla sala delle armature dei vecchi regnanti; si presentava come un salotto dalle dimensioni medie, arredato con il gusto di moda circa un secolo prima, pronto ad accogliere comodamente non più di una trentina di persone, dove un pubblico d'élite avrebbe potuto assistere in tutta tranquillità allo spettacolo, circondato da pareti abbastanza disadorne rispetto al mobilio baroccheggiante se non per qualche quadro di paesaggi e una bellissima vetrata di color rosso, stranamente in stile gotico, che si stagliava al centro di una delle pareti, quella più a nord, e lasciava filtrare al suo interno fiochi e purpurei raggi lunari. Era stato quel piccolo particolare, del tutto fuori posto, tornatogli alla mente a far decidere Will di spingersi fino all'interno, dopo aver appreso non senza un certo senso di rabbia e svilimento personale la notizia del concerto e della presenza di molti vampiri, alcuni anche appartenenti alla buona società della Londra dei Lancaster, nella sala dove un tempo suo nonno lo aveva condotto e gli aveva fatto provare per la prima volta la sensazione inebriante di creare con le proprie mani di bambino la propria musica, le prime note a cui ne sarebbero seguite molte altre negli anni a venire. Aveva lasciato a Julia la possibilità di creare con le sue dita di guerriera qualcosa di diverso per una volta, le aveva affidato un bozzetto di fenice da cui prendere ispirazione se ne avesse sentito il bisogno, una mina leggera e la boccetta di liquido trasparente, lasciandole soprattutto tutto il tempo di decidere o ripensarci. Avrebbe potuto anche solamente montare di guardia, finché Will non avesse finito il diversivo e poi quello per cui erano venuti fin dall'inizio a Kensington Palace. Lui, tirata fuori una candela dalla borsa che aveva sulle spalle, ne aveva acceso lo stoppino con molta attenzione dal lume che la compagna aveva recuperato in precedenza in cucina e si era fatto strada fra le ombre, quelle reali e quelle invece che appartenevano solo alla sua mente di pittore. Aveva già deciso quale sarebbe stato il tema del suo ennesimo schizzo irriverente, più difficile fu trovare la giusta posizione, tale da donare al tutto la prospettiva migliore. Quando il suo lato più artistico emergeva Will sapeva diventare anche maggiormente puntiglioso, chiuso nel suo mondo pieno di messaggi e allegorie, significati urlati in faccia allo spettatore, altri più indecifrabili, anche ai più abili. Vi era una timida sfrontatezza nelle sue creazione, l'irruenza della semplicità prestata a un messaggio universale, che poco aveva a che fare con l'armonia e la pace dei sensi, le sue erano incisioni che graffiavano, che grezze e pure rimanevano scolpite nella mente e negli occhi, e di cui difficilmente ci si sarebbe liberati con facilità. Sorpresa, disgusto e provocazione, era Blake in quel caso a prendere il sopravvento sul timido e impacciato William Wood, due facce della stessa medaglia, che avevano trovato un punto di equilibrio nel loro reciproco mostrarsi agli altri, facendo arte. Toccando anime.
    Si guardò le mani, lo faceva sempre prima di iniziare a disegnare, e poi tirato fuori il carboncino, chiuse un occhio, uno solo, per impadronirsi di quella atmosfera, dell'equilibrio stupefacente fra luce e buio, e riapertolo iniziò a creare le prime forme e figure che erano così chiare nella sua ribelle immaginazione, che alle volte lo stesso Blake si sorprendeva non potessero parlare o toccarlo, che non fossero vive come uno stupito Michelangelo una volta esclamò davanti a una sua scultura. Dapprima lo fece con toni leggeri, quasi impercettibili, poi via via sempre più veloci e decisi, doveva essere più preciso possibile, non vi era tempo per correzioni o tocchi troppo vezzeggiativi o ricercati, aveva potuto portare con se pochi strumenti del ''mestiere'', ma quello che occorreva l'aveva rinchiuso dentro la sacca, il proprio cuore e nella presenza rassicurante di Julia non troppo distante da lui.
    Ti ho mai raccontato del mio primo maestro Julia? Era un anziano bottegaio di Chester Street, fra i più bravi a Londra. I miei genitori lo conoscevano da tempo e lo convinsero non senza resistenza da parte sua a prendermi come apprendista, la mia fama doveva già precedermi, se ti dico con che sguardo mi accolse la prima volta che mi recai nel suo negozio. Forse i tuoi genitori lo conoscevano.
    Sul volto di Will si fece strada un'espressione malinconica, vissuta, facendolo apparire in quel momento forse più vecchio di quanto fosse in realtà, ritrovandosi a riflettere su quanto tempo fosse passato da allora e quanto lui e soprattutto il mondo fossero cambiati. Si girò per un momento verso di lei, scrutandola con curiosità per sbirciare cosa stesse facendo, per poi tornare con gli occhi verso il muro dove il diversivo stava prendendo forma. Era un bravissimo incisore, che però incominciava ad accusare i primi tremori della malattia. Mi insegnò molto, e una cosa che mi ripeteva sempre era: un vero pittore è anche uno scultore e un incisore, prima che con i pennelli deve saper disegnare con le mani, deve conoscere alla perfezione il soggetto che deve ritrarre, farsi affascinare o lottare contro di esso. Devi guardarti le mani figliolo, sempre, devi conoscerle quanto il tuo cuore. Accarezza il viso di una persona come se non potessi vedere, prendila a pugni se necessario, fai quello che vuoi, ma fatti toccare dal mondo. Lascia il tuo tocco in loro, e imprimi il loro nella tua arte. Realtà e immaginazione erano secondo lui imprescindibili, un pazzo secondo molti.. ma la sua fu una fine da eroe.
    E in quella sua ultima affermazione non fu difficile cogliere in Will sia amarezza che fierezza, per aver avuto la possibilità di imparare così tanto, al di là dei propri meriti e capacità.
    Blake sfumò con tocco impalpabile prima con un dito e poi con il palmo della mano quella che con tutta probabilità era l'abbozzo di una capigliatura. Una prima pedina di quella bizzarra composizione stava andando a formarsi sotto lo sguardo irriverente del suo creatore. Che cosa raffigurava? Non era stato facile per Blake scegliere da chi iniziare, sarebbe potuto essere benissimo qualcun altro di ancora più importante e potente, il Re della scacchiera, ma poi la mano aveva preso a toccare quel muro e a ricordare quante vite erano state strappate per assecondare un animo turpe ed egocentrico e no, non aveva avuto dubbi. Se si voleva provocare e ridestare le coscienze di chi si era arreso alla propria condizione di schiavitù, si doveva osare, spingersi oltre le apparenze, mostrando le vere sembianze dei mostri, dando adito alla verità. Un volto squadrato, feroce, volutamente sproporzionato rispetto alle dimensioni del corpo che ne sorreggeva la figura che dopo un attimo di inquieta estraneità, stranamente sarebbe apparso come quello di un bambino, dall'aria viziata e panciuta, intento a litigare con la sorella minore per il suo giocattolo preferito e che ricordava pericolosamente uno dei vampiri più temuti non solo di Londra, ma probabilmente dell'Inghilterra intera. Nik Lancaster con i suoi inconfondibili occhietti da furetto, la sua fronte sproporzionata e troppo imponente, le sue guanciotte sporche di sangue e terra e un dito, il pollice, in bocca, stretto fra i canini appuntiti, continuò a fissare per tutto il tempo colui che lo aveva ritratto con così tanta cura dei particolari, con quella solita e acida aria sprezzante per cui era diventato ormai tristemente famoso, tanto da far ritenere il pittore soddisfatto di ciò che aveva appena inciso su quel muro solitario. Il ribelle di nome Blake si ridestò, sentendo dei passi alle proprie spalle. Se c'era sempre più rabbia nei propri disegni, vi era anche il desiderio visibile di non arrendersi, di continuare a combattere, di non aver paura. Sarebbe bastato tutto ciò per un diversivo? Come ti sembra?

    “C’è solo il minuscolo battito di un cuore e la solitudine, un muro assolato e il senso di una fuga impossibile. Un tempo che non si muove, un tempo che non può essere chiamato tale. E’ intrappolato nel cuore della luce: il piccolo prigioniero, saldo.
    E’ il luogo in cui la realtà va a cozzare con l’ideale, in cui uno scherzo diventa serio e tutto ciò che è serio diventa uno scherzo. Il punto magico in cui ogni idea e il suo opposto sono ugualmente veri.
    Tra la “realtà” da un lato, e il punto in cui la mente va a sbattere contro la realtà, esiste uno spazio sottile, uno spicchio d’arcobaleno in cui origina la bellezza, il punto in cui due superfici molto diverse tra loro si mescolano e si confondono per procurare ciò che la vita non ci dà: e questo è lo spazio in cui tutta l’arte prende forma, e tutta la magia''


    The answer,
    my friend,
    is blowin' in the wind.

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    Edited by Leah Eyre - 16/8/2015, 16:24
     
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